martedì 27 maggio 2008

SEGUIRE GESU' SULLA CROCE

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Nel Vangelo di oggi ascoltiamo il discorso della sofferenza, della morte e della risurrezione di Cristo (vedi Mc 10,32b-45). Esso ci narra il terzo annuncio della passione e, di nuovo, come nelle volte precedenti, ci mostra l'incoerenza dei discepoli (cfr. Mc 8,31-33; 9,30-37). Gesù dice ai suoi apostoli che, salito a Gerusalemme, i sommi sacerdoti e gli scribi “lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno” e loro pensano ai posti d'onore. Tutto indica, quindi, che i discepoli continuano ad essere ciechi. E, proprio qui, nasce la domanda: Il Salvatore doveva davvero soffrire e morire perché il mondo fosse riscattato dai suoi peccati? La sua morte non era il frutto di un destino cieco o di un piano prestabilito, ma la conseguenza dell'impegno assunto con la missione che ricevette dal Padre insieme agli esclusi del suo tempo. Per questo Gesù avverte i discepoli sulla tortura e la morte che affronterà a Gerusalemme. Il discepolo deve seguire il maestro, anche se se si tratta di soffrire con lui. I discepoli erano spaventati, e coloro che stavano dietro avevano paura. Non capivano cosa stava succedendo. La sofferenza non andava d'accordo con l'idea che avevano del messia. I discepoli non solo non capiscono, ma continuano con le loro ambizioni personali. Giacomo e Giovanni chiedono un posto nella gloria del Regno, uno alla destra e l'altro alla sinistra di Gesù. Vogliono passare davanti a Pietro! Non capiscono la proposta di Gesù. Sono preoccupati solo dei propri interessi. Ciò rispecchia le tensioni ed il poco intendimento esistenti nelle comunità, al tempo di Marco, e che esistono fino ad oggi nelle nostre comunità. La sofferenza di Cristo è un grande mistero, così come il suo amore per la creazione e per gli uomini, divenuti, con il battesimo, membra del suo corpo. La sofferenza e la morte di Cristo sono ancora più grandi per il fatto che egli continua a soffrire nelle membra del suo corpo, nei suoi figli innocenti, poveri e abbandonati.
Preghiamo nella nostra meditazione, perché la nostra vita sia una perenne donazione in favore del Corpo di Cristo: umanizzando la vita, servendo i fratelli e le sorelle, accogliendo gli esclusi.