giovedì 21 dicembre 2023

NATALE DEL SIGNORE (ANNO B)

RISCOPRIAMO NEL PRESEPE L'AMORE DI DIO


Dopo che questa notte abbiamo accolto l'annuncio del Natale del Signore, quest'oggi la liturgia natalizia del giorno ci presenta il Prologo del Vangelo di san Giovanni (Gv 1,1-18), che non racconta come avvenne la nascita del Messia, ma il senso di questa nascita, il valore per l'umanità, il dono di salvezza. Tra le mani abbiamo un grande inno che ci permette di sognare, che ci permette di volare e soprattutto, se ci crediamo, di professare con la propria vita così come ci dice l’Evangelista: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
Quest’anno sogniamo e voliamo in grande perché sono 800 anni da quando san Francesco allestì il presepe a Greccio. Forse, molti di noi hanno allestito il presepe collocandolo in una decorazione natalizia ma non possiamo ridurlo a questo, perché il presepe è la rappresentazione del mistero del Natale, del Dio che si è fatto carne, del Dio che si è fatto uomo, del Dio che si è fatto bambino, del Dio che si dona, che si fa Eucarestia. Infatti, la parola presepe letteralmente significa “mangiatoia”, mentre la città del presepe, Betlemme, significa “casa del pane”. Ecco cosa abbiamo allestito: mangiatoia e casa del pane. Ecco cosa abbiamo allestito nelle nostre case, nel luogo dove condividiamo cibo e affetti, il ricordo di Gesù che si fa nutrimento per noi, pane della vita (cfr. Gv 6,34). È Lui che alimenta il nostro amore, è Lui che dona alle nostre famiglie la forza di andare avanti e perdonarci.
San Francesco capì tutto questo, per questo ha pensato nel momento che allestiva quel presepe, di mostrare quei disagi che visse in quel momento Gesù a partire dalla prima necessità di un parto, dalla prima necessità di un neonato. Ecco come vede il santo il Figlio di Dio appena nato: povero, rifiutato, accusato, tradito, crocifisso... Sì, anche crocifisso perché in ogni natività ci sta l’ombra della Croce. Tutti ricordiamo il bel canto che ci accompagna da secoli composto da Sant’Alfonso Maria de Liguori: “Tu scendi dalle stelle”. Forse non lo sappiamo, forse non ci abbiamo mai fatto caso. Il brano parla della Croce. Ne è intessuto tutto il testo: freddo e gelo... tremar... povertà... penar... perché tanto patir... piangi... poco amato... un dì morir per te... Vedete quanti riferimenti alla Croce?
Il Natale è una festa esigente. Non possiamo ridurre il cristianesimo solo alla tenerezza di un nascituro perché ci piace così. Chi si ferma solo a quello non vive pienamente il mistero del Natale, non vive pienamente il cristianesimo: non si può parlare del Natale senza la Croce. Dimenticare quest’aspetto è molto grave.
Non si può parlare di Natale senza l’amore. Non si può parlare di Natale facendo divisioni nelle nostre famiglie. Natale è festa della famiglia. E in questo santo giorno quante Eucarestie prive di senso continuiamo a fare e questo solo perché al centro mettiamo il nostro io e non Dio. Quante sofferenze abbiamo in questo santo giorno? Quanta falsità nella nostra vita? Ma bisogna sapere che nell’annuncio del Natale il suo messaggio arriva agli ultimi, agli esclusi, a coloro che vivono ai margini: i pastori raffigurati nel presepe rappresentano questa realtà e questo perché nell’annuncio del Natale Dio nasce, Dio parla, Dio cerca, Dio dialoga, Dio vede, Dio vuole, Dio ama.
Il Presepe che abbiamo allestito, allora, ha senso in quelle case, in quelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, negli ospedali e nelle case di cura, nelle carceri e nelle piazze, dove celebriamo la vicinanza di Dio e non delle tenebre che continuano a rifiutarlo!
Fare il presepe è riscoprire che Dio è reale, concreto, vivo e palpitante. Non possiamo continuare a pensare a un Dio distante dalla nostra vita. L’artista che ha scolpito i Bambinelli del presepe spesso le ha fatte con le braccia aperte per dirci che Dio si è incarnato per abbracciare la nostra umanità. Siamo capaci di accogliere quest’abbraccio? Di riconoscerlo nella nostra vita? Saremo capaci di amarlo e seguirlo, condividendo le sue scelte, felici di essere stati scelti come suoi amici e discepoli?
Queste sono domande che troveranno risposta solo se impareremo il linguaggio dell’amore. Oggi la nostra società è avvezza di molteplici linguaggi, molto differenti e difformi da quello di Dio: quanta esclusione, quanta prevalenza del più forte, del più potente, della guerra, della violenza, della difesa dei diritti individuali e collettivi e potremmo continuare all’infinito.
Abbiamo dimenticato che esiste un altro linguaggio, quello del cuore. L’incarnazione di Dio è linguaggio del cuore, quello che supera ogni barriera, anche quello che noi ostinatamente non vogliamo superare. Dio usa ogni mezzo per parlare al cuore di ciascuno creando nuovi spazi e desideri perché la sua Parola sia accolta, ascoltata, vissuta nella sua irrepetibile bellezza e soffocata, spesso e volentieri, dalla nostra presunzione.
A Natale siamo chiamati a ritrovare la via del bene, anche in mezzo alle falsità e menzogne in cui viviamo, perché su tutti i cuori possa rifiorire la gioia, l’amore, la pace, perché tutti possiamo sentirci desiderati e accolti perché amati dall’unico Dio che è venuto nella nostra carne e si identifica con i più deboli, con gli ultimi, con gli umili. Solo l’umiltà ci permetterà di incontrare Dio e incontrandolo troveremo parole di consolazione e di perdono. “Dov’è carità e amore, lì c’è Dio”, recita un canto liturgico. Solo in quei luoghi si rivela la gloria di Dio.
Lasciamo allora che Lui abiti la nostra vita in modo che rinasca nei nostri cuori. Allora sarà Natale. Santo Natale!

Buon Natale del Signore a tutti voi!