giovedì 12 marzo 2009

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il testo del vangelo di oggi (vedi Mt 21,33-43.45) forma parte di un insieme più vasto che include Mt 21,23-46. Esso è un bel riassunto della storia di Israele, tratto dal profeta Isaia (Is 5,1-7).
Con questa parabola, l'evangelista traccia tutta la storia della salvezza e la pone davanti ai capi di Israele passati e presenti, che hanno il privilegio di coltivare la vigna del Signore. Ci fa comprendere una particolare sofferenza del cuore di Gesù, e al tempo stesso ci fa penetrare nel mistero della sua Chiesa. Gesù ha sofferto per tutti i nostri peccati, ma in particolar modo ha sofferto per essere stato ripudiato e infine ucciso dai pastori del popolo eletto.
Dice il Vangelo: "Il padrone mandò il proprio Figlio dicendo: Avranno rispetto di mio Figlio!. Ma i vignaioli, visto il Figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede: uccidiamolo".
In queste parole abbiamo la parte centrale di una drammatica parabola in cui Gesù chiaramente allude alla consapevolezza ch'Egli dovrà presto essere ucciso. Il motivo? L'invidia che nutrono verso di Lui i detentori del potere religioso.
Il cuore di questa pagina evangelica è la storia di un amore senza limiti; quella di Dio per la sua terra, per la nostra vita. Infatti l'Evangelista sottolinea che l'amore non si arrende. "Da ultimo mandò loro il proprio figlio, avranno sicuramente riguardo". Un amore grande, sconfinato, che non teme neppure l'ingratitudine e l'inaccoglienza degli uomini, di quei "vignaioli ribelli" a cui egli ha affidato la terra. Tanto cresce l'amore di Dio tanto aumenta l'inaccoglienza, o anche l'inverso, quanto più cresce l'inaccoglienza degli uomini, tanto più aumenta l'amore di Dio per loro. Gesù, molto lucidamente e coraggiosamente denuncia l'infedeltà e l'inaccoglienza dei servi che giungono ad uccidere lo stesso figlio del padrone. Dio si attende i frutti. Sono i frutti di giustizia, di pietà, di misericordia, di amore, non altro, che ci rendono partecipi del popolo di Dio.
Con questa pagina odierna, Gesù insegna a vincere l'invidia accettando, come Lui, di essere ultimo. Egli vinse l’invidia accettando di essere l’ultimo di tutti. Veramente quando guardiamo il Signore sulla croce non possiamo dire che provochi l’invidia di qualcuno! Mettendosi all’ultimo posto Gesù ha dimostrato che la sua potenza, il dominio che gli è promesso dal Padre è dominio di amore, al servizio di tutti. Ma essendo l’ultimo, Gesù diventa il primo, la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo, come dice il salmo. Così si realizza il piano di Dio, nonostante la cattiveria e le invidie umane. Ed anche se il Signore riesce a costruire anche sui nostri peccati chiediàmolo oggi perché tolga dal nostro cuore ogni sentimento di invidia e di gelosia e ci stabilisca nella mitezza e nell’umiltà del cuore, perché siamo con lui a servizio di tutti i fratelli.
Nel fermarci a pregare, contempliamo il Crocifisso facendo silenzio (un silenzio interiore il più possibile profondo) e poi, in questo silenzio adorante, chiediamogli di vedere eventuali sentimenti d'invidia e di gelosia che possono allignare in noi, nascosti ai nostri stessi occhi. Sarà la potenza del suo amore crocifisso a snidarli e a dissolverli.