mercoledì 19 dicembre 2018

Feria propria del 19 Dicembre

IV GIORNO DELLA NOVENA DI NATALE

Letture del giorno:  Gdc 13,2-7.24-25a; Sal 70; Lc 1,5-25

O Germoglio di Iesse, che ti innalzi come segno per i popoli: 
tacciono davanti a te i re della terra, 
e le nazioni t’invocano: vieni a liberarci, non tardare.

L’Antifona Maggiore odierna è stata ripresa dal canto al vangelo: “Radice di Iesse…”. Quest'antifona richiama in sintesi i carmi del servo sofferente di Isaia 53.
Una sofferenza ingiusta, inaspettata, inadeguata ma non fine a se stessa. Una sofferenza segno. Qui la parola chiave è: essere segno di Gesù
L'atteso, di cui sembra possibile rintracciare la genealogia, viene e sconcerta, perché della sua genealogia coglie gli elementi più irregolari e costruisce un senso nuovo alla sua venuta. Solo Isaia l’aveva intuito e non ha temuto di profetizzare il servo sofferente. Simeone al tempio riconoscerà Gesù come segno di contraddizione, venuto a svelare il cuore degli uomini. 
Nel vangelo abbiamo un’altra sofferenza, quella di due coniugi avanti negli anni: Zaccaria ed Elisabetta.
La loro storia è una vita molto rassegnata. Per tutta la vita avevano tanto implorato il dono di un figlio fino a superare l’età feconda. Ma la fede non era superata! Simbolo di ciò è l’offerta dell’incenso che Zaccaria fece quel giorno, in ottemperanza al turno sacerdotale (cfr. Sal 140,2). 
Ecco che una gioia viene annunciata a Zaccaria mentre presta il suo servizio nel tempio, mentre innalza la sua preghiera (l'offerta dell'incenso): gli appare un angelo che gli annunzia: “Tua moglie ti donerà un figlio”. Nel suo animo sorge un atteggiamento di incredulità. Questo dubbio gli procurò un tale shock, che oggi chiameremmo ictus, da perdere l’uso della parola per nove mesi.
Il mutismo, cui è condannato Zaccaria a motivo della sua incredulità, raccoglie simbolicamente l'incapacità di credere dell'antico popolo d'Israele. Purtroppo raccoglie anche tutte le incredulità dei cristiani del nostro tempo, compresa anche la nostra incredulità. Infatti, tante forme di mutismo spirituale e di afasia del cuore, che ci rinchiudono in noi stessi, sono frutto della nostra incapacità a credere e a stupirci davanti alle meraviglie operate da Dio nella storia della salvezza.
Dove allora la speranza? Nel nostro itinerario verso il Natale del Signore, con il profeta Isaia abbiamo ascoltato una parola di speranza. Egli annuncia che un “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse..”. 
Questo germoglio annunciato (cfr. Is 11,1), è un discendente davidico. Iesse è uno degli anziani benestanti di Betlemme, padre del re Davide da cui discende il “figlio di Davide” per eccellenza, Gesù, Figlio di Dio, figlio di Giuseppe, generato da Maria di Nazaret. 
Il profeta Isaia paragona il capostipite Iesse al ceppo senza vita di un tronco che emerge in terra arida da radici ormai morte, simbolo dei peccati e delle infedeltà perpetuate dalla dinastia regale davidica.
Davanti a noi abbiamo una miniparabola. Essa rappresenta il lieto e lontano annuncio dell’Emmanuele (Is 7,14), il Dio-con-noi che lo Spirito Santo concepirà secoli dopo nel grembo verginale di Maria.
Possiamo paragonare questo triste ceppo al grembo della nostra esistenza irrimediabilmente sterile, morto nel suo peccato. A quel ceppo sterile che continua a coltivare la morte ogni giorno. Che non guarda più verso l’Alto, verso Dio ma solo verso se stesso.
Proprio da questo contesto di morte spunterà il germoglio di Dio, così come è annunciato dal profeta Isaia , frutto della sua grazia in quanto l’umanità da se stessa è assolutamente incapace di farlo spuntare dal suo interno.
Come dicevamo ieri: Dio non si arrende mai dinanzi alle nostre infedeltà, dinanzi al nostro peccato. Egli è il Dio della vita (Nm 27,16).   
Ci vorrà un altro tronco per capire ancora chi è Dio: la Croce. Lì il “Figlio di Davide”, il Figlio di Dio attirerà tutti a sé donando lo Spirito di vita (cfr. Gv 12,32).
Ecco chi è l’Emmanuele che aspettiamo. Zaccaria ed Elisabetta l’hanno capito e con il donare il precursore di Cristo Gesù, invitano ad essere altri precursori dell’Emmanuele nella vita di ogni giorno.
Apriamo allora il nostro cuore a Gesù che viene; non restiamo muti come Zaccaria. 
Che lo Spirito rinnovi in noi la consapevolezza dei suoi doni e ci trasformi nell’umanità nuova, libera e unita nell’amore del Signore.




Immagine: http://www.movimentoapostolico.it