DA CIECHI A DISCEPOLI
Prosegue il cammino con Gesù verso Gerusalemme. Ci troviamo nei pressi di Gerico, a 27 km da Gerusalemme. Da questo luogo Gesù partirà per salire a Gerusalemme dove patirà e vivrà la sua morte e risurrezione.
In questo luogo particolare, ancora una volta, Gesù si sente circondato da persone che non hanno afferrato cosa significa seguirlo. A questo punto Marco introduce un cieco di nome Bartimeo che mendicava lungo la strada. Questi rappresenta la comunità di quanti vogliono seguire Gesù di fronte al cammino che il Vangelo propone.
Uno benissimo potrebbe dire che c’entro io con questa persona che non ci vede. Io vedo benissimo, forse un po’ di presbiopia, ma ci vedo.
Ma il Vangelo quando si legge o si ascolta parla di un’altra cecità: quella dell’anima.
Il racconto sottolinea in maniera forte la condizione sociale di Bartimeo: cieco, mendicante e seduto ai margini della strada, quasi abbandonato in una situazione di marginalità disperata; un uomo da marciapiede, scartato e deriso dalla vita.
Al passaggio di Gesù, il cieco grida a lui. Sale a Gesù una preghiera particolare dove chiede, più che una guarigione fisica la misericordia di Dio. L’urlo di quest’uomo parte dal suo profondo, quasi a mostrare la sua capacità di leggersi dentro, quasi a dire che dinanzi a Gesù la nostra anima è cieca.
Questi primi atteggiamenti ci pongono delle domande di fondo: sono pronto al passaggio di Dio? Sant’Agostino nella sua vita aveva paura di non accorgersi del passaggio di Dio. Un’altra domanda da farsi: sono tra quelli che sentono e chiedono la misericordia di Dio?
Ebbene, quest’uomo emblema della nostra cecità, può aiutarci a rispondere a queste e altre domande di senso.
In lui in questo momento vediamo solo due tappe: la cecità e la mendicità, cioè la paura e il coraggio. Se la cecità crea paura attorno a se, la mendicità la toglie, anzi ottiene coraggio e permette l'incontro.
Anche le nostre Liturgie eucaristiche iniziano con questa invocazione di misericordia, prima di iniziare l’incontro con il Signore. Essa è una invocazione che dovrebbe capovolgere il nostro modo di esistere e invece c'è sempre qualcuno che rimane cieco, ricco, mette a tacere, anche se si tratta di sofferenza. È una cosa terribile pensare che dinanzi a Dio possa accadere questo. Eppure, ancora oggi nella nostra vita si ripete!
Pensare al cieco di Gerico è una risposta a tutte quelle volte che, ancora oggi, non permettiamo alla vita di "sprigionarsi" e "volare sulle ali del vento". Siamo capaci di riempirci di mille e più devozioni, messe solenni e quant'altro di cui pensiamo che siano le nostre sicurezze, che far vivere in piena armonia la vita e amarla dal profondo del cuore così come ha fatto Gesù.
Se ci pensiamo un istante, ogni giorno c'è “un grido di dolore dei piccoli e dei poveri” di cui la società politica fa' orecchie da mercante... latita. C'è un grido che si alza e chi risponde a quel grido viene ucciso, come quel prete degli indigeni, ucciso mentre diceva Messa nella spirale di violenza narcos del Messico.
Il grido però continua e non possiamo dire come i discepoli del Vangelo: “non disturbare il Maestro!”, non possiamo impedire l’incontro con Cristo ma alzare sempre più forte il grido per sovrastare i rumori di fondo, non solo quelli esteriori ma anche quelli interiori. È una esigenza orante gridare per vederci chiaro: è una necessità viscerale! È solo Gesù può ridare luce ai nostri occhi. Per questo Gesù dinanzi a questo grido viscerale si ferma.
Guardiamo allora a quest’incontro come se fosse il nostro incontro con Gesù. Ognuno con la propria storia, con la propria cecità, con la propria mendicità ma tutti chiamati a vivere l’essenziale, a tornare a Lui che è l’Essenziale. Una volta arrivati a Lui, la realtà decisiva della vita, non ci sono più paure, indecisioni o problemi, lo si segue lungo la sua “strada”, come Bartimeo, perché egli è quella speranza che non delude mai (Rm 5,5); certo, con i suoi tempi e le sue scadenze che non corrispondono ai nostri criteri umani, ma certi che Lui non tradisce mai. Quindi non bisogna aver paura ma semplicemente come diceva san Giovanni Paolo II: “spalancate il cuore a Cristo!”.
Guardiamo allora ancora una volta a Bartimeo. Egli compie dei gesti significativi. Viene chiamato da Gesù e getta via il mantello, l’unica ricchezza che un uomo emarginato aveva, balza subito in piedi e va da Gesù; la fede risposta in Gesù lo spinge a volerlo seguire, a scommettere su di lui, abbandonando ogni sicurezza materiale e assumere un nuovo stile di vita. Questi gesti li ritroviamo nel cammino del catecumeno, che dopo aver deposto i suoi abiti, simbolo dell’uomo vecchio, compie l’immersione battesimale, scendendo nel buio dell’acqua e riemergendo alla luce, alla risurrezione.
In questo passaggio dal buio alla luce abbiamo un nuovo “povero in spirito” che con il chiedere elemosina a Dio fa luce su tutto perché ricolmo della misericordia di Dio che lo ha reso energeticamente nuovo portandolo a vedere la realtà che lo circonda con occhi nuovi, con gli occhi pieni di speranza, con gli occhi pieni d’amore, con gli occhi di Dio per essere discepoli nella vita di tutti i giorni, conducendo altri fratelli e sorelle a crescere nell'amore.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!