PREGARE: VIVERE ALLA PRESENZA DI DIO
Ancora una tappa nel cammino verso Gerusalemme. Durante il cammino è sempre bene fermarsi per sostare in preghiera, così come faceva abitualmente Gesù. Nasce in questo contesto una richiesta da parte di uno dei discepoli: «Signore, insegnaci a pregare, così come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed Egli ben volentieri, dona un insegnamento sulla preghiera.
Siamo nel mese di luglio, un tempo in cui le vacanze sono d’obbligo anche se possiamo ricevere qualche sorpresa climatica. Il contesto è buono per incastonare un insegnamento da parte di Gesù. Quante volte, infatti, per la vacanza, per il caldo, mandiamo in ferie Dio nonostante che Lui continui ad amarci, ad essere fedele!
Questa domenica risuona questo ritornello: “Signore, insegnaci a pregare”. L’abbiamo mai chiesto al Signore che ci insegni a pregare? Forse sì, forse no. Chiediamoglielo, chiediamo di entrare nel mistero della preghiera, dentro quel rapporto intimo col Padre. Del resto, se dobbiamo mettere al centro della nostra esistenza Lui, perché Egli è «la via, la verità e la vita», abbiamo bisogno di rapportarci con Lui.
La preghiera non è una teoria (la teoria è racchiusa nei libri), ma è una pratica: si impara a pregare pregando. Impariamo a pregare mettendoci alla scuola di Gesù, aiutati anche dai grandi maestri di vita spirituale.
Pregare non è un recitare formule –utili anche quelle per carità – la preghiera è quel mettersi con tutto il nostro essere in trasparenza alla luce di Dio, riconoscerci per quel che siamo e, riconoscenti, avvertire il bisogno di ancorarci a lui, al suo amore misericordioso.
Nel Vangelo i discepoli chiedono di imparare a pregare non perché non sanno pregare, ma perché in Gesù hanno visto un nuovo modo di ancorarsi a Dio e ne sono rimasti attratti. Nella storia della Chiesa non è una novità essere attratti da un modo di pregare. Il Santo Curato d’Ars fu attratto da un anziano dal suo modo di stare dinanzi al tabernacolo: cuore a cuore, sguardo che si incrocia e silenzio.
Gesù insegna a pregare, è Maestro. Il suo non è un semplice insegnamento per recitare il Padre nostro, ma un entrare dentro il mistero della preghiera e della vita “passeggiando” col Padre in atteggiamento amoroso, fiducioso. Questo è il tipo di esperienza che insegna Gesù a quanti decidono di seguirlo nella ferialità della vita.
La preghiera del Padre nostro ha una sua struttura ben precisa, non è una formula astratta da recitare durante le nostre liturgie e nei momenti devozionali, magari per ottenere qualche cosa; il Padre nostro è una modalità esperienziale, un tempo propizio per l'incontro con Dio Padre, per distaccarci dalla sopraffazione della vita; quindi, un’esperienza necessaria per non essere travolti dagli impegni quotidiani. Con la sua recita noi diamo forma, struttura alla vita rapportandoci meglio con Dio, con gli altri e le cose.
Questa preghiera, anzitutto, ci deve far riconoscere figli e figli amati. Nella nostra società riconoscersi figli si fa fatica e magari ci nascondiamo in scuse legittimate dimenticandoci di essere tali per poi arrivare a costatare la nuda verità.
Ecco la preghiera che Gesù ci vuole insegnare nella sua natura profonda: non un’attività che si giustappone all’uomo dall’esterno, ma scaturisce dal suo essere vero e reale. Non per evadere o diminuire l’impegno, ma per renderlo più cosciente e attento.
Ai nostri giorni un carmelitano esemplare, san Tito Brandsma (di cui oggi ne ricordiamo la memoria), riassume quella lunga e ininterrotta tradizione con queste parole. “vivere alla presenza di Dio, porsi davanti al suo volto, è una caratteristica che i figli del Carmelo hanno ereditato dal grande profeta…” e quest’eredità non è da tenere nel cassetto, ma da vivere e farla vivere. Allora, proviamo oggi, in questo Sacro luogo, nel nostro silenzio, durante la Celebrazione eucaristica: «Signore insegnaci a pregare», perché possiamo arrivare a stare alla presenza di Dio.
Con la preghiera del Padre nostro, noi impariamo a stare alla presenza di Dio con un atteggiamento semplice e di sconfinata fiducia, rivolti verso Dio per lodarlo e adorarlo impegnandoci nella vita ad essere trasparenza divina, come è detto nelle parole: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno...», per poi trasformare il rapporto in richiesta, in quanto la vita ci presenta necessità inderogabili, come il bisogno di nutrimento: «dacci oggi il pane quotidiano...»; o di ordine morale, come il peccato, il perdono: «perdona i nostri debiti, perché anche noi perdoniamo…»; infine, la nostra preghiera supplice a Dio, perché non ci lasci soli nei momenti della prova: «non abbandonarci alla tentazione».
L’insegnamento chiude con la parabola dell’amico importuno che fa capire che bisogna sempre insistere nella preghiera, mai arrendersi, perché Dio desidera essere cercato e questo desiderio profondo che ci permetterà di fare l’incontro con Lui.
Questo ci aiuta a fermarci e riflettere sulla nostra preghiera. A chiederci: qual è allora la mia preghiera, com'è la mia preghiera, come prego, cosa dico, che cosa chiedo, per che cosa ringrazio il Signore.
Ci rivolgiamo alla Vergine Maria perché ci aiuti ad entrare nelle parole del Padre nostro sotto la guida dello Spirito Santo e come lei possiamo diventare innamorati di Dio, della vita per rispondere con gioia alle necessità di quanti incontreremo nel nostro cammino.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!