Celebriamo la VII domenica del tempo Ordinario. In questa domenica la liturgia sembra anticiparci quanto mercoledì faremo con l'inizio della quaresima. Infatti il Salmo responsoriale ci fa pregare così: Rinnòvaci, Signore, col tuo perdono. Parole che non incontriamo solamente in quaresima, ma come è evidente anche durante il corso dell'anno liturgico.
Queste parole le incontriamo durante la nostra vita ordinaria, una vita ammalata, paralizzata. Ed è proprio in questa situazione di vita che Gesù continua a passare in mezzo a noi, nonostante l'atteggiamento diffidente che spesso usiamo, critico e ostile degli esponenti del giudaismo locale, ma che si rinnova ancora tutt'oggi.
Il tema centrale del racconto odierno è il perdono dei peccati. Nella mentalità corrente, tale perdono era condizionato ad una serie di purificazioni rituali, o alla riparazione di un danno arrecato ad altri, o ad un intervento distruttore di un Dio ormai stanco dei malvagi... In questo contesto, risulta scandalosa la posizione di Gesù: chiama quell’uomo “figlio” (v. 5), a significare che per Dio anche il peccatore non pentito è sempre un figlio amato; gli offre un perdono incondizionato, senza esserne neppure richiesto, senza esigere alcun rito di purificazione; agisce con una gratuità che scandalizza chi pensava che l’uomo, compiendo certe opere o riti, poteva meritare il perdono di Dio. Al contrario, neppure il pentimento del peccatore è capace di produrre il perdono, che invece è dono gratuito di Dio, segno del rinnovamento interiore operato dalla grazia.
Ancora oggi abbiamo bisogno di essere perdonati. Gesù nel Vangelo dice: "Figlio". Sì, perché anche se eravamo smarriti, se siamo fuggiti di casa come il "figlio prodigo", siamo sempre nel cuore del Padre e Gesù è venuto a rincuorararci e a sanare la nostra paralisi, che non è altro che
paralisi d'amore.
Affidiamoci alla misericordia del Signore. Il paralitico si rimise nelle mani dei quattro barellieri. Chiese aiuto agli amici perché potessero condurlo a Gesù. Anche noi abbiamo bisogno di essere condotti da Gesù. Anche noi possiamo avere qualcuno che ci guidi la strada per poter arrivare alla liberazione dal nostro male, che non significa stendere un velo per coprire una realtà negativa, una piaga, che permane, ma è la creazione di una realtà nuova. Dio trasforma dal di dentro, rinnova il cuore e la vita; non ricicla, ma ri-crea. Dio sorpassa i restauri, perché fa cose nuove. In tempi di esilio, Isaia (I lettura), per superare un passato negativo, annuncia la sorpresa di Dio: “Ecco, io faccio una cosa nuova”. E presenta tre simboli di novità: un germoglio, una strada nel deserto, fiumi nella steppa (v. 19). La novità di Dio, Padre fedele, si è manifestata in Cristo (II lettura), nel quale “tutte le promesse di Dio sono sì” (v. 20): si sono compiute a nostro favore.
Il lettuccio che ci portiamo dietro adesso non è più ristretto ma si è ingrandito. Esso è una nuova casa, la casa di tutti i figli dell’unico Padre, la comunità credente. Il miracolo ebbe luogo “sotto gli occhi di tutti”, e tutti lodavano il Dio che salva (v. 12). A tale obiettivo -il perdono dei peccati e la vita del nuovo popolo di Dio- tende la missione, come nota Luca nel mandato missionario alla fine del suo Vangelo: “Nel suo nome (di Cristo) saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47). È questa la bella notizia missionaria, che la prossima Quaresima ci invita a riscoprire ed annunciare.
“Con questa interiore disposizione entriamo nel clima penitenziale della Quaresima. Ci accompagni la Beata Vergine Maria e ci sostenga nello sforzo di liberare il nostro cuore dalla schiavitù del peccato per renderlo sempre più tabernacolo vivente di Dio” (Benedetto XVI, dal Messaggio per la Quaresima 2009).