mercoledì 20 maggio 2020

ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO A)

IMMERSI NEL CIELO DI DIO


In questi giorni, la liturgia della Parola, ci ha accompagnato, passo dopo passo, fino ad oggi, fino ad "alzare gli occhi verso l'Alto". È l'Ascensione del Signore! 
Abitualmente pensiamo l’ascensione del Signore come una sua dipartita. Ma non è così. L’Ascensione è il modo nuovo di Gesù di essere presente e relazionarsi con i suoi, come scrive Leone magno: “Proprio allora il Figlio di Dio si diede a conoscere nella maniera più sublime e più santa come Figlio di Dio, quando rientrò nella gloria della maestà del Padre e cominciò in modo ineffabile a farsi più presente per la sua divinità, lui che nella sua umanità visibile, si era fatto più distante da noi. (…) L’Ascensione di Cristo significa anche elevazione per noi, e là dove è giunta in anticipo la gloria del capo, è come un invito alla speranza del corpo: per questo dobbiamo giustamente esultare”.
Tutta la Liturgia di questa domenica ci fa alzare lo sguardo e ci invita a camminare nella speranza. Paolo scrivendo agli Efesini (II lettura) mette l'accento su un augurio destinato ad ogni credente, di ogni epoca, di ogni storia: «il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati»; augurio ripreso dalla stessa preghiera di Colletta della Celebrazione eucaristica.
Cosa rimane allora di tutto questo? La condivisione. Una condivisione che alla base è vocazione al discepolato. Questa vocazione è esigente ed universale ma sarà lo Spirito Santo ad agire, come sempre, nella vita di ciascuno, nella vita della Chiesa.
Celebrare l'Ascensione del Signore non deve essere solo intriso di quel colore tradizionale che troviamo di paese in paese, ma è quell'immergersi nel cielo di Dio, quell'accogliere nella vita di tutti i giorni il Signore asceso, speranza ed eredità nostra. Significa: essere discepolo di Cristo comunicando il volto di Dio.
L'Ascensione segna il tempo della Chiesa in uscita delineandone il senso e la missione: continuare l'opera di Gesù. L'Ascensione non è una devozione ma è vivere lo stesso amore che ebbe Cristo Gesù per noi, aprendo nuovi orizzonti, perché solo con occhi nuovi si può pensare e parlare di Chiesa in uscita, diversamente saremo sempre col nasino all'insù. 
I discepoli hanno un grande appuntamento col Risorto. Dove? L'Evangelista dice in Galilea, cioè nella vita di ogni giorno, intrisa di relazioni, di gioie, dolori e fatica del vivere. Ma c'è un'altra fatica di cui si parla: salire il monte. «Chi salirà la montagna del Signore?» (Sal 23,3), prega il Salmista. È solo l'uomo dal cuore puro. L'uomo che ogni giorno si lascia plasmare dalla Parola di Dio e la vive ogni giorno. Anche qui un'altra grossa fatica. La fatica della fede che si scontra con il dubbio. Occorre però anche il dubbio, perché la fede possa essere autentica. Se riuscirò a salire il monte, a nutrirmi della Parola e se quella Parola ascoltata diventa vita della mia vita, allora sarò abilitato all'amore. Ed ecco che il mandato di Gesù acquista senso perché raggiunti dalla luce del Risorto, dal vivere di Lui: siamo diventati volto di Dio per gli altri e possiamo immergerli nella nostra stessa esperienza del grande mistero d'amore di Dio. 
Comunicare l'amore, essere amore, essere dono per l'altro è assolvere gli insegnamenti di Gesù. È far vedere con la propria vita la bellezza di Dio amore. E in quest'amore Gesù è presente, perché è l'Emmanuele, il Dio con noi (Mt 1,23) e rimarrà con noi per sempre, fino alla fine del tempo.

Buona festa dell'Ascensione del Signore a tutti voi!