giovedì 13 agosto 2020

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

USCIRE DA SE STESSI PER INCONTRARE DIO

Oggi abbiamo una pagina evangelica che raccoglie un urlo di dolore. Potrebbe apparire normale, perché è una madre disperata per la malattia della figlia, "tormentata da un demonio". 
Anche nelle nostre famiglie troviamo questo tipo di dolore, di urlo. In questo tempo di Covid il dolore si è fatto più intenso, molti di noi hanno sofferto per la malattia e la morte di un proprio caro. Forse le abbiamo tentate tutte per ottenere una guarigione. La vita, non dimentichiamo, ci chiama anche a fare i conti con Dio, a confrontarci con Lui, con la sua Parola.
La scena evangelica si svolge nei pressi di un territorio pagano. Possiamo dire che si svolge in mezzo a coloro che non sono del mio gruppo, della mia comunità, in mezzo a coloro con cui non ho nulla da spartire.
Ebbene il racconto di questa domenica ci riporta a visitare la nostra fede davanti a Dio. E la fede non ha bisogno di difese, come i discepoli fanno nei confronti della Cananea. La fede Dio la saggia come oro nel crogiolo (Sap 3,6).
Ora, questa donna, sente il bisogno di incontrare Gesù, di incontrare il Messia (e lo riconosce come tale) perché possa cambiare la sua vita e in particolare quella della figlia. Ella esce dal suo territorio, esce dalla sua abitudine per poter fare il più bell'incontro della sua vita.
La scena sembra familiare: preghiamo Dio ma egli non ascolta la nostra preghiera. Strano comportamento, ma Dio è lì ascolta anche quando, per noi, non ascolta. Egli è Colui che ascolta il dolore del mondo e non solo di un popolo. E nel dolore universale è lì, sta educando, sta soccorrendo prima di esaudire.
C'è una fede che deve crescere, maturare. Intanto l'uomo prega, la Cananea prega. Il suo stile rispecchia l'orante dei salmi. Però, anche per la Cananea, la preghiera non è un tempo materiale ma spirituale: è uno spazio che mi permette di passare dalle cose temporali alle cose eterne. 
Nel Vangelo Gesù risponde alla preghiera della donna usando un'espressione smorzata: "non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini" (v. 26). Qui il vero incontro, qui, in una sgradevole verità, la prova della vera fede. Le parole di Gesù sembrano richiamare coloro che si allontanano da Dio e lo cercano solo nel momento del bisogno materiale.
La donna riconosce chi è, che fa parte di quei cagnolini. Riconosce la sua provenienza ma sa che di quel pane o di quelle sole briciole, Dio potrà sfamare per l'eternità la sua vita. Ecco una fede che cresce, che si fa grande come una montagna e il suo grido di disperazione diventa preghiera autentica: "Signore, salvami!".
Abbiamo visto in questa pagina una fede in crescendo, un imparare ad uscire da se stessi, ad essere umili e non etichettati. C'è un imparare a pregare, a relazionarsi con Dio e non con noi stessi e i nostri bisogni, pur se sono reali. In tal modo Dio ci donerà più di quanto inizialmente gli abbiamo chiesto. 
La preghiera è quella fede in crescendo che chiede, cerca, bussa (cfr. Lc 11,9) come fece la Cananea. Impariamo da lei a relazionarci con Dio!

Buona Domenica nel Signore a tutti voi!