venerdì 9 ottobre 2020

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

CHIAMATI AL BANCHETTO ETERNO

Ancora una volta una parabola. Ricordiamolo: siamo nel Tempio di Gerusalemme e Gesù, per far capire il senso del Regno di Dio, il senso del suo messaggio, ha una disputa con i capi dei sacerdoti e i farisei .
Ognuno di noi si può ritrovare nei panni di questi sacerdoti e farisei, perché il messaggio è anche per noi. 
Per ciascuno di noi, riprendendo le parole del profeta Isaia (cfr. Is 25,6-10a; prima lettura), Gesù fa uso dell'immagine del banchetto nuziale. 
Generalmente quando parliamo di festa di nozze, siamo portati a riflettere sia sullo sposo che sulla sposa. L'interesse è far festa ai novelli sposi.
Qui succede qualcosa di diverso. L'Evangelista sembra lasciar un'identità misteriosa, nascosta, e punta sull'azione del Re (è il soggetto di quasi tutte le azioni della parabola ed è l'unico che prende la parola) e sulle reazioni degli invitati.
La parabola ci dice che il re chiama i servi perché a loro volta chiamino i chiamati. Egli, il re, è il Vocante. In pratica gli invitati hanno ricevuto una prima chiamata, una chiamata che è da sempre, possiamo dire dal giorno del Battesimo e ogni giorno della vita, ci appartiene. 
Davanti abbiamo è una chiamata universale, per tutti, "cattivi e buoni". E a che cosa si è chiamati? Alle nozze. Non sono le nozze di tutti i giorni, ma le Nozze: le prime, le ultime e l'eterne Nozze.
In queste parole intravediamo le nozze di Gesù con la sua Chiesa. Egli è l'uomo-servo umiliato, maltrattato, rigettato, ucciso. Anche i profeti, i servi dei nostri giorni sono umiliati, maltrattati, rigettati, uccisi. Forse non ci accorgiamo, perché pensiamo a quelli che fanno notizia sulle testate giornalistiche o agli onori degli altari, ma ci sono quei servi che vivono Cristo Gesù, primo martire, nel silenzio, senza rumori comuni e di questi siamo tutti responsabili, perché tutti abbiamo smarrito l'orientamento. Ecco il motivo per cui a ciascuno viene rivolta la stessa domanda: "Amico, come hai potuto entrare senz'abito nuziale?". 
Quell'abito nuziale richiama il nostro cammino di fede. Richiama quello stesso abito datoci il giorno del nostro Battesimo. Che ne abbiamo fatto? Ce lo ricordiamo solo in un determinato momento per poi accantonarlo nuovamente? È vero, Gesù accoglie tutti. Ma ci invita ugualmente a fare delle scelte concrete, a rivedere la nostra vita, il nostro servizio agli altri. C'è una qualità di vita che deve emergere dal nostro essere senza offuscare quanto viviamo e quanti ci circondano.
Quante volte mettiamo entusiasmo nelle cose ma senza dargli valore, qualità, corpo, spessore?! Forse, l'unico spessore, se così si può chiamare, è quello di "facciata". Ma questa si chiama anche falsità!
Continuiamo a vivere sempre più tra rumori e mille voci: "un rumore assordante, non solo esteriore, ma anche interiore, i cui effetti si riflettono negativamente sulla persona, rendendola spiritualmente vuota e superficiale" (Josè Antonio Pagola).
La Parola di questa domenica ci richiama alla vita interiore e non alle nostre meschinità. Anzi di esse dobbiamo sempre purificarci. Occorre sempre più ascoltare l'interiorità e rivestirla nuovamente dei frutti dello Spirito. C'è bisogno di contemplazione per poter camminare verso la Vetta del monte e sedersi al banchetto di "cibi succulenti e vini raffinati". Però, non dimentichiamolo, c'è sempre gente ai crocicchi delle strade. Occorre che il messaggio evangelico arrivi anche a loro. Occorre che anche loro possano gloriarsi del banchetto nuziale. Chi già lo vive, è chiamato ad annunciare questo banchetto. Ecco perché è importante lasciarci cercare sempre più da Dio, lasciarci trovare e interrogare dalla sua Parola. 
Invochiamo tutti quello Spirito di Sapienza "perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l’abito nuziale" (dalla Liturgia).

Buona Domenica delle nozze a tutti voi!
 




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