LA FAMIGLIA: UN CUORE PER AMARE, PER DONARSI
Tutta la liturgia della Parola ci presenta la storia della famiglia di Abramo come modello di chi accoglie. Il Vangelo invece, ci riporta al Tempio, alla presentazione di Gesù, nell'atto di offerta.
Il brano che abbiamo davanti lo conosciamo e lo preghiamo nella recita del Rosario. Esso ci ricorda il legame della famiglia col vero Tempio. Infatti, con Gesù al Tempio, ogni famiglia (ciascuno di noi) deve imparare a non perdere di vista il Centro unico della propria esistenza. Una vita famigliare, che si svolge sotto lo sguardo di Dio nella fede e nell'amore ha la sua solida base "nell'amicizia e nella pace" (cfr. preghiera sulle offerte).
Il piccolo Gesù viene portato al Tempio ed è accolto non dalle istituzioni religiose, ma da un anziano e un'anziana: due innamorati di Dio con addosso il peso della vecchiaia ma ancora giovani dentro, accesi dal desiderio di vedere il volto di Dio. In questi due anziani, Simeone e Anna, è racchiusa la speranza. Ciò insegna che la speranza, anche se non subito, si realizza, anche se la forma non sempre corrisponde a ciò che noi immaginiamo.
Questi due modelli di fede, ci dicono quanta fiducia bisogna porre nella Parola di Dio. Essa porta ad una contemplazione di Dio (vista come visione) interiore ma che conduce ad una visione esteriore che porta pace al proprio animo. Del resto, offrire Gesù, metterlo al centro significa avere un cuore contemplativo, capace di riconoscere come Dio cammina per le strade delle nostre città. Mettere Gesù in mezzo al suo popolo significa farsi carico e voler aiutare a portare la croce dei nostri fratelli. E noi, mettiamo Gesù in mezzo al suo popolo? Pur sapendo che questo sarà dolore e oscurità?
In Maria e Giuseppe vi è un grande stupore per le cose che venivano dette di Gesù. È uno stupore che fa intendere il bisogno di Dio. Tutti abbiamo bisogno di Dio. Maria e Giuseppe avevano bisogno di Dio.
Ne abbiamo bisogno anche noi, perché sempre, nel nostro cuore, ci sia la meraviglia e lo stupore e farci vedere “bella e nuova” ogni cosa. Occorre avere fede, credere, fidarsi. La nostra vita spirituale ha bisogno di questo. Dio realizza le sue promesse e mette noi dentro questa sua promessa, come mise la vita di Maria e di Giuseppe nella sua promessa, chiamandoli ad essere madre e padre del Figlio di Dio; come mise dentro la promessa la vita di Simeone e Anna.
Celebrare la festa della Santa Famiglia significa che la santità è possibile, anche in famiglia. Forse la vita non ci è facile. Non lo è stata neanche per Maria, Giuseppe e Gesù. La loro vita sembra assomigliare a una famiglia normale: non ci sono miracoli, guarigioni, predicazioni, folle che accorrono; tutto scorre normalmente, secondo le consuetudini di una pia famiglia israelita.
Allora di quale santità parliamo? La santità di cui parla la Santa Famiglia, attraverso la penna di san Luca, ci invita ad entrare nel cuore di Dio, ad ascoltare la sua Parola per riflettere quei pensieri che non sono i nostri pensieri (Is 55,8) e tradurli, anche con fatica, in gesti d'amore. Celebrare la festa della Santa Famiglia è un invito ad avere il cuore pieno di Dio per saperlo nuovamente donare.
Ogni casa, ogni famiglia, ogni cuore deve essere pieno di Dio, deve accogliere il Verbo fattosi carne e custodirlo perché di lì a poco a poco cresca e, da quel cuore, possa partire per amare, cioè per donarsi tutto al Padre per la salvezza di tutti gli uomini. Questo sia l'augurio per ciascuno di voi, per ogni famiglia.
Buona Domenica nel Signore a tutti voi!
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