giovedì 8 aprile 2021

II DOMENICA DI PASQUA o della DIVINA MISERICORDIA (ANNO B)

VITA NUOVA IN CRISTO RISORTO

Celebriamo la Domenica “in Albis” o “dello stesso giorno”. Sì, “dello stesso giorno”, perché anche questa Domenica ci ritroviamo nel pieno mistero pasquale. È la Domenica che ci permette di scoprire la nostra fede. Abbiamo dato tutto per scontato e forse continuiamo ancora a farlo, eppure questa Domenica interroga la nostra fede, per capire se è adulta oppure no.
Il Vangelo ci dice che «la sera dello stesso giorno», i discepoli si trovavano nel cenacolo, con le porte sbarrate «per timore dei giudei»
La paura, l’incertezza che i discepoli hanno provato dopo la morte di Gesù, sono gli stessi sentimenti che proviamo ancora noi oggi: sarà vero quello in cui credo? La mia vita sta andando a rotoli dov’è Dio? E tante di quelle domande che sempre ci chiudono in noi stessi, che sbarra la porta del nostro cuore.
L’Evangelista dice che in questo contesto viene Gesù, entra a porte chiuse e dona il suo «shalom»; «pace a voi» è un dono, un dono che porta armonia con Dio, con il creato, con tutti. Questa però è una pace che chiede di essere testimoniata, cioè vissuta e donata. 
Questo dono però non lo ricevono tutti, manca un discepolo: Tommaso. È un’assenza o una esclusione dal dono?
Tommaso è chiamato “Didimo” cioè “gemello”. Egli è il gemello di Gesù, proprio lui è stato per primo a capire che bisognava dare la propria vita con Gesù e come Gesù (cfr. Gv 11,16). Però Tommaso è gemello di tutti noi che cerchiamo ancora dei segni, e come se non bastasse, ci aggrappiamo ai maghi, ai tarocchi e a quant'altro all'infuori di Gesù, all'infuori di Colui che tutto può, che può salvarci.
Tommaso, invece, chiede i segni della passione ma in quei segni cerca un solido fondamento, cerca la misericordia di Dio che ha un volto concreto, reale: Gesù Risorto.
Tommaso non può essere identificato come “l’uomo dei dubbi”. Egli è il discepolo dei desideri, voleva incontrare Gesù e quel desiderio fu esaudito.
Quindi Tommaso non è escluso dal dono. Nessuno è escluso dal dono della pace. Il dono di Dio è definitivo, permanente. Però, uomo, ricorda, che se tu non sei presente durante il dono, come Tommaso, se tu non credi, non accetti il dono, sappi che puoi sempre ricominciare, e che Dio non smetterà mai di bussare alla porta del tuo cuore! 
Che cos’è il dono della pace? La pace che Gesù dona non è liberazione spettacolare da quanto ci minaccia esteriormente. È la certezza interiore della sua presenza, che si può far strada anche tra incertezze e perplessità. È il dono-conquista di un cuore pacificato perché ancorato a Lui, fondato sulla roccia del suo amore, che comunque e sempre ci accompagna. Non una soluzione immediata e miracolistica di tutti i problemi che ci agitano. Bensì realtà che matura innanzitutto dentro di noi, per poi riverberarsi fuori, e non viceversa. Questa è la pace che attingiamo da Dio, ma che non si costruisce senza il nostro impegno concreto.
Questo dono è l’annuncio pasquale e da quest’annuncio possiamo sempre ricominciare. C’è la necessità di spalancare le porte del cuore, perché la pace dimori in noi, perché il timore si trasformi in gioia. Perché possiamo vivere l’esperienza della Risurrezione, sempre!
Tommaso sperimenta quest’annuncio pasquale nel fissare il cuore di Gesù trafitto, nel fissare i segni delle ferite dell'amore. Sono questi i segni pasquali che il Risorto mostra. A Tommaso non fu necessario mettere il dito sulle ferite, perché scoprì fortemente la sua relazione col Figlio di Dio, col Cristo Risorto.
Questa fede nelle ferite pasquali, ci conduce a riconoscere altre ferite: quelle dell'umanità, a riconoscere nel mondo, in mezzo ai poveri, ai malati, in qualunque sofferente, il Figlio di Dio, Gesù Risorto; ma nello stesso tempo, ci invitano a lasciarci ferire a nostra volta da Lui e per Lui!
Ancora oggi Gesù ripete ad ogni credente: guarda, stendi la mano, tocca. Guarda dentro, fino alla vertigine, in quei fori. Ritorna alla croce, non stancarti di ascoltare la passione di Dio, di guardare le piaghe che guariscono. L'amore ha scritto il suo racconto sul corpo di Gesù con l'alfabeto delle ferite, ormai indelebili come l'amore. 
Ecco il percorso di fede di Tommaso. Egli entra in questa dimensione dell'amore e crede. Il suo credo però è fondato sulla pace data dal Risorto più che dal toccare e può esclamare estaticamente: «Mio Signore e mio Dio»; poche parole ma con quel piccolo aggettivo possessivo che cambia tutto, che cambia la vita. 
Questo «mio» che non indica possesso, ma l'essere posseduti, e dice adesione, appartenenza, scambio di vita. E la vitalità di Dio mi è compagna dei giorni, l'avverto, è energia che sale, dice e ridice, non tace mai, dà appuntamenti, si dilata dentro, mette gemme di luce, mi offre due mani piagate perché ci riposi e riprenda fiato e coraggio. E dico a me stesso, io appartengo ad un Dio vivo, non ad un Dio compianto.
Per recuperare l’esperienza dell'incontro con Gesù Risorto, questa domenica possiamo scoprire quel Tommaso che si fa prototipo di ogni credente. Lo possiamo fare, ravvivando la nostra fede come un nuovo modo di vedere. Infatti, le parole di Gesù risuonano ancora una volta per tutti noi: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Credere, quindi, è un nuovo modo di vedere, di sentire, di sperimentare l'incontro con il Risorto attraverso il credente, attraverso la testimonianza, con la gratuità di cuore, perché Pasqua non è la data da calendario, è la vita intera, quotidiana, dei credenti risorti con Cristo, che camminano dietro di Lui ascoltando la sua voce, “senza stancarsi mai”, perché nel Cristo Risorto una nuova vita è cominciata.

Buona Domenica nel Signore a tutti voi!





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