mercoledì 26 maggio 2021

DOMENICA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

VIVERE LA COMUNIONE PERFETTA

La scorsa domenica celebrando la Pentecoste, abbiamo chiuso il ciclo pasquale per riprendere il Tempo ordinario; in altre parole siamo ritornati all'ordinarietà della vita.
Continuiamo il nostro cammino di fede nella nostra ferialità facendo una sosta significativa nel celebrare la festa della Santissima Trinità: cioè contemplando il primo mistero della nostra fede, contemplando il mistero del nostro Dio.
Spiegare questo mistero della fede non è così semplice. Se iniziassimo da una nozione, sembra avere davanti un teorema o chissà quale grande studio teologico lontano dalla realtà. Questo forse perché non siamo dentro l’esperienza trinitaria. Eppure noi iniziamo la giornata nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo; questa stessa liturgia l’abbiamo iniziata nel nome della Santissima Trinità; la giornata la chiudiamo con il grande mistero Trinitario. Non è una novità. Tante volte abbiamo sentito parlare di Dio amore, di Dio relazione ma se non ne abbiamo fatto esperienza, rimangono parole fuori dalla realtà.
Oggi proviamo ad entrare dentro questa realtà, a scoprire il volto di Dio perché Dio è un «tu» con cui relazionarci.
Questa relazione è descritta nel brano evangelico odierno, preso dalla conclusione del vangelo di Matteo, in cui Gesù, consegna ai discepoli parole che di fatto sono la “professione di fede” di ogni cristiano quando diventa tale, quando diventa discepolo di Gesù attraverso il battesimo.
Essere discepoli significa “andare a scuola per imparare”. Spesso noi ci sentiamo arrivati, sapientoni. Invece no. Il discepolo di Cristo è colui che imita il suo Maestro in tutto. Ovviamente, le prove della vita non mancheranno mai.
I discepoli con Gesù vanno in Galilea. La Galilea è il luogo della quotidianità e l’incontro con il Signore Risorto va fatto nella quotidianità, perché il Signore lo trovi solo in ogni fratello e sorella.
Ai discepoli che fanno l’incontro con il Risorto viene dato il mandato di battezzare.
La parola battezzare significa “immergere”. Ogni discepolo è invitato a immergere nella morte e risurrezione, è invitato a immergere nell’amore trinitario quanti incontrano nel proprio cammino. È un battesimo non rituale ma pieno dell’abbraccio di Dio, delle sue carezze, del suo perdono, del suo amore misericordioso.
Nel mandato di Gesù è contenuto anche l’insegnamento ad osservare i fondamenti del Vangelo. Di cosa si tratta? Certo non del catechismo o di formule religiose. I discepoli devono essere “segno” e lasciare il “segno”. Ai discepoli Gesù già aveva detto: «amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati. Da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli per gli altri» (Gv 13,34-35). Ecco l’osservanza dei fondamenti del Vangelo: “amarci come Lui ci ha amati”. Qui vi è l’abbraccio, la relazione con l’altro, perché la nostra identità di figli è relazione con i fratelli. L’amore è il segno che dobbiamo lasciare nelle nostre relazioni con gli altri.
Ognuno è chiamato a prendere coscienza di questo essere in relazione, è chiamato a vivere nel mondo testimoniando la fraternità. Certo non è facile vivere questo dinamismo della fraternità. È un valore che viene sempre meno. Forse perché non abbiamo colto o non ci piace la convivialità delle differenze. Eppure questo vivono le tre persone divine.
Guardando ancora una volta il Vangelo, i discepoli sono undici e non più dodici. L'evento del tradimento, del dubbio è ancora fresco. La comunità quindi è ferita e dubbiosa. Il Risorto però è lì nel cuore di ciascuno. È lì presente davanti a tutti per tessere relazione perché ci vuole felici.
Ognuno è chiamato nel nome della Santissima Trinità a scoprirsi ancora una volta immagine e somiglianza di Dio amore, imparare da Lui a relazionarsi, a fare della propria vita una relazione d’amore con Dio e con gli altri.
Celebrare la festa della Santissima Trinità significa essere chiamati a partecipare alla vita di Dio, essere in Dio per amore, per grazia.
Non è facile costruire la relazione, non è facile accogliere la diversità ma questa è la radice per vivere felici, per vedere il volto di Dio in questa società, nonostante le ferite, i dubbi.
Dio c’è, è presente e continua ad amarci. Ci consolano le stesse parole di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
La presenza del Signore nella nostra vita è sempre, permanente: nei giorni tristi e nei giorni gioiosi, nei giorni di fede e nei giorni di dubbio: sempre! La sua presenza è adorazione, abbraccio, fiducia, missione.
Il cristiano, in questa sua turbolenza, ha sempre la possibilità di incrociare il suo sguardo con lo sguardo del Crocifisso, dove, nel segno della croce è racchiusa l'icona di Dio Amore.
Credere in Dio amore significa credere in una comunione perfetta, ma soprattutto che siamo amati di un amore infinito e che alla Sua scuola possiamo imparare ad amare.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!




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