mercoledì 8 settembre 2021

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

PERDERE LA PROPRIA VITA PER RITROVARLA
 

Il Vangelo di questa domenica, XXIV del Tempo ordinario, ci proietta nell'interrogativo della fede. La domanda di fondo per tutti è: «Voi chi dite che io sia?». È una domanda che Gesù fa apertamente quasi a richiamare ad aprire il cuore alla Verità.
Oggi facciamo fatica ad aprire il cuore alla Verità. Ci viene facile aggrapparci al tradizionalismo, ai facili giudizi e voci "per sentito dire", come la folla del Vangelo che riferisce solamente personaggi del passato.
Oggi, viviamo in una società dove il valore del proprio credo non ha più un senso. Abbiamo svuotato fede e chiese e a loro posto abbiamo messo noi stessi. Il potere, la faciloneria, il nascondere il proprio limite, l'incentivazione di un odio razziale, religioso in nome del proprio "io" ha messo da parte Dio, ma anche il nostro intelletto senza farsi l'interrogativo della vita. È la società del cannibalismo, dove la vita non ha un senso e divora tutto e tutti.
Anche al tempo di Gesù era così: su di lui correvano voci e pregiudizi (e giudizi). Ci stava pure chi ne parlava bene e chi lo calunniava o lo odiava. In pratica ognuno dava una propria identità a Gesù.
E i discepoli si lanciano a raccogliere il sentire comune. Ma a Gesù interessa proprio questo? Interessa questo tipo di opinione? Non pensiamolo nemmeno. Infatti, per farli avvicinare alla Verità usa un escamotage e dice ai discepoli: «voi chi dite che io sia?». Cioè, “io chi sono per te?”. Domanda di sempre che ancora oggi non siamo in grado di rispondere (il vangelo registra un grande silenzio in merito) o continuiamo a dare risposta secondo il proprio sentire.
Ma la domanda rimane aperta: chi risponde? chi da la giusta risposta?
Il motivo per cui la domanda rimane aperta, è perché non è una questione di dare una risposta a parole ma è la vita che deve rispondere e con passione.
Oggi noi magari rifiutiamo Gesù perché intuiamo dove conduce il seguirlo. La logica di Gesù però non è la nostra. Forse ci può aiutare a capire questa logica quando siamo rifiutati, quando siamo traditi e pugnalati alle spalle, etc. allora possiamo sollevare lo sguardo alla logica di Gesù, quella logica che si chiama amore e che dall'alto della Croce, dove la Sacra Scrittura dice “pende il maledetto” (cfr. Dt 21,23; Gal 3,13) possiamo trovare una risposta da dare a Gesù e alla nostra vita.
Allora sì, che come Pietro, possiamo dire la vera identità di Gesù: “Tu sei il Cristo”, perché il suo amore, il suo essere servo non è una passeggiata ma verità profonda che trasforma, che salva. Chi professa la fede in Lui, con lui deve salire il Golgota e insieme a Lui deve lasciarsi crocifiggere.
Pietro professa questa fede ma lascia che altri la possano scoprire per poterla professare.
È un cammino interiore quello che si ha davanti. Gesù continua a chiamare sempre, nonostante i nostri limiti, i nostri perché, Lui chiama! Il problema è: chi risponde alla sua voce? alla sua Parola? alla sua chiamata? È il caso di chiedersi: come vivo la mia fede in Lui? Mi aggrappo alle voci di ogni giorno? oppure mi fido e mi affido a Lui ovunque Egli vada?
Nel Vangelo Pietro vive questo problema: se prima professa la sua fede adesso si tira indietro, anzi prende in disparte Gesù e lo rimprovera. Si mette al posto di Dio, si mette davanti a Dio capovolgendo la situazione.
Anche nella vita di tutti i giorni, quante volte professiamo la nostra fede e poi rigettiamo il tutto pensando secondo gli uomini e non secondo Dio? Quante volte ci mettiamo al posto di Dio?
Il cristiano oggi è chiamato alla scelta del più difficile per perseguire la via della santità, la scelta di un autentico radicalismo evangelico vissuto senza accomodamenti, per giustificare l'essere cristiani nell'attuale situazione. Ma ci sta dietro l'altra domanda: quanto sono disponibile a farmi disturbare da Dio? Ad accogliere la sua proposta d’amore: la Croce?
Ora, farsi disturbare da Dio richiede questo tipo di accettazione: rinnegare se stessi; prendere la propria croce e seguirlo. Questo significa che ognuno ha la sua croce, cioè la sua occasione per donarsi, anche fino al martirio. Però ci sta un martirio quotidiano che è quello fedele e generoso dono di se stessi.
Quindi la vita cristiana non è un semplice pregare perché Dio faccia quanto gli chiedo, ma pregare per discernere, capire e fare la volontà di Dio e seguirlo ovunque Egli vada. E la motivazione è semplice: «perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». In altre parole Gesù ci dice: “se tu vuoi imparare ad amare, devi rinunciare a tutto ciò che non è amore; e la prima cosa è imparare a rinunciare a te stesso, a dirti di no quando ciò che provi per istinto non corrisponde al cuore di Dio, all’amore secondo Dio”.
Lasciamoci allora guidare da Dio. La via della salvezza passa dalla Croce e non dal nostro pensare comune. Tutti siamo chiamati a professare con la propria vita che Gesù è il Cristo sofferente.
Chiediamo la grazia allora di volere seguire il Signore Gesù per ritrovare la nostra vita: vivremo felici, liberi, riempiendo questa vita d’amore, secondo Dio.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!




 
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