mercoledì 22 settembre 2021

XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

ACCOGLIENTI E NON ESCLUDENTI
 
 
Continua il cammino di Gesù verso Gerusalemme. Durante il viaggio Egli continua con i suoi insegnamenti e raccomandazioni che l’evangelista Marco ha voluto raccogliere sotto la denominazione “piccolo catechismo della comunità”, su cui ogni discepolo può confrontarsi e regolare la propria vita. Purtroppo, durante il cammino, il pericolo del settarismo sembra toccare anche la comunità dei Dodici. Gesù si accorge di tutto questo e insegna e invita all’accoglienza di tutti.
In queste domeniche abbiamo visto delle “agitazioni” a cui il Signore Gesù ha posto sempre una domanda per cui rispondere.
L'agitazione purtroppo continua, non solo nelle pagine del Vangelo ma anche nella nostra vita. Basta guardare gli atteggiamenti che usiamo nelle nostre assemblee: facciamo uso di quella parola o di quello sguardo verso colui che “non è dei nostri”, che non rientra in quel nostro modo di pensare.
Perché questo nostro atteggiamento un po’ guardingo? Perché questa sorta di baronia?
La ragione che si nasconde è la nostra stessa rigidità, il nostro io privo di Dio insieme a una grande tentazione: impedire e porre ostacolo all'azione libera dello Spirito Santo, che soffia sempre dove e come vuole.
Spesso ci sentiamo padroni-burattinai tanto da giocare con la vita delle persone e anche con Dio, pensando di essere i padroni della salvezza, la stessa donataci da Cristo. Poi, come nel Vangelo, quando vediamo nell'altro ciò che non riusciamo a fare, subito pronti per farlo fuori perché frustrati dalla nostra stessa arroganza, incapaci di scacciare quel demone che ci affligge, mentre qualcun altro riesce a farlo e quindi si va alla ricerca di una scusa per cacciarlo: “non fa parte dei nostri”.
Anzitutto c’è da chiedersi: che significa “non fa parte dei nostri”? Il cammino della fede non rientra nella cerchia di un specifico gruppo, di una associazione o di una aggregazione laicale. Oggi la Chiesa Italiana sta facendo un cammino sinodale che non è altro un coinvolgimento anche di quelle persone che non sono e non si sentono “parte attiva” della comunità cristiana. Ciò fa sempre più affermare questa verità: chi fa un cammino di fede segue Cristo Gesù e non se stesso. Chi segue se stesso sta seguendo il demone che lo affligge e nient’altro. Questo modo di fare soffoca il Vangelo anziché farlo divampare! San Paolo diceva: “guai a me se non predicassi il Vangelo!”.
Abbiamo dimenticato che nella Chiesa non esiste monopolio, baronia e se da qualche parte c'è traccia, è solo per l'arroganza umana che blocca l'azione dello Spirito Santo.
Chi è afferrato da Cristo Gesù, dalle sue stesse parole, stia attento a non finire nella logica della setta. Nella Chiesa non esistono patentini che autorizzano certi comportamenti. Allora più che creare dei confini, di cercare “quel si è fatto sempre così”, di dire “non è dei nostri”, cerchiamo di aprire il cuore e di allargarlo per poter essere accoglienti verso tutti.
Non dimentichiamo che la Forza operante e la Presenza del Signore non è l’esclusiva di qualcuno, ma sono suscitate dallo Spirito; a noi solo il dovere di “ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale” (GS 22). Allora, rinunciamo quanto ostacola l'azione dello Spirito!
Per farlo, il Vangelo stesso indica dei verbi particolari, che se presi alla lettera, all’improvviso ci ritroveremo tutti monchi.
I verbi in questione sono: “tagliare” e “cavare” che letteralmente significano “gettare”. Esse non sono azioni disumane ma fanno parte di quella lotta spirituale di purificazione del cuore, perché anche la nostra vita di fede può essere pietra di inciampo a noi stessi. Quindi è importante scrollare, gettare, quello che non funziona, per tornare ad essere semplici e trasparenti come il Signore comanda. Bisogna essere sempre più innamorati del Vangelo che scandalizzare. Occorre ricordare e ricordarsi che il perdere la vita a causa del nome di Gesù è essenziale per trovarla in Cristo (cfr. Mc 8,35).
Certo tutto questo è impegnativo. Il nostro desiderio più profondo dovrebbe essere quello di Mosè, quando ha esclamato: “Fossero tutti profeti nel popolo di Dio e volesse il Signore dare loro il suo spirito!” (Nm 11,29 – prima lettura -).
Facciamo un cammino di ascesi per riconoscere che siamo diversi gli uni dagli altri e ciascuno con carismi e doni diversi da condividere.
Lasciamo allora agire lo Spirito Santo, non invertiamo i ruoli. Lo Spirito Santo ci spinge a condividere e ad impastare le nostre differenze in sincera fraternità, consapevoli della gratuità del dono di Cristo che sempre ci invita a “valorizzare pienamente il mondo in cui viviamo come luogo di condivisione e di comunione” (papa Francesco) e che sempre manifesta la sua presenza redentrice.
Il Signore effonda su di noi il suo Spirito, perché ciascuno sia ricco del suo dono d’amore da donare a tutti.

Buona domenica nel Signore a tutti voi! 



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