mercoledì 29 settembre 2021

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

L'AMORE È PER SEMPRE


Continua il cammino di Gesù verso Gerusalemme e continua il suo insegnamento tra la folla. Questa domenica, tra gli insegnamenti, abbiamo due questioni: la prima un dialogo di Gesù con alcuni farisei che lo mettono alla prova, lo tentano per cercare di sorprenderlo in errore sul tema del divorzio, come è descritto nella legge di Mosè, e la seconda questione una indignazione di Gesù con i suoi discepoli per aver sgridato quei bambini condotti da lui per una benedizione, una guarigione.
La prima questione è molto triste, più che il divorzio è il matrimonio e anche ai nostri giorni è sempre più messo in discussione. I sociologi ci mostrano un quadro preoccupante e la realtà con le sue problematiche la conosciamo tutti. Qualcuno addirittura pensa che sposarsi, formare una famiglia sia un fatto del passato, tanto è vero che nelle famiglie si diceva: “ti sposi, cosi ti sistemi”. Oggi invece è al contrario: “mi sistemo e se è necessario mi sposo”. Una immagine pericolosa e falsa. Anche il divorzio che spesso incontriamo nelle famiglie, appare un atto legittimo del presente e del futuro. Anche andare a convivere perché amo il mio compagno, la mia compagna e se un giorno non l’amerò più ci lasceremo diventa un atto legittimo. Questo non è amore vero. L’amore vero è il dono di sé, per sempre!
Nel vangelo troviamo una domanda secca posta dai farisei a Gesù circa la leicità del ripudio posto da Mosè nella Legge. Una domanda trabocchetto per Gesù, che ai nostri giorni arriva con un linguaggio simile: matrimonio sì, matrimonio no; divorzio sì, divorzio no; rapporti prematrimoniali sì, rapporti prematrimoniali no; convivenza sì, convivenza no per arrivare anche all’aspetto omosessuale.
Il problema del tutto è lecito, purtroppo, conduce a un disordine grande. E come credenti dimentichiamo cosa pensa Gesù a riguardo: facciamo, infatti, quello che ci piace.
Gesù risponde sulla leicità descritta da Mosè affermandola ma aggiungendo un particolare: “per il vostro cuore duro!”. C’è da chiedersi: quando ci approcciamo alla vocazione sia matrimoniale che di vita consacrata, lo facciamo con il cuore o con ragionamenti mondani? Facciamo le cose tanto per farle o scendiamo in una verità interiore per poter vivere la vocazione?
A Gesù non interessa mettere regole, paletti. Non entra neanche nella casistica del tempo. A lui interessa farci gustare la vita fino in fondo, rinnovandola secondo il progetto di Dio e non degli uomini.
La prima lettura ripresa da Gesù stesso ci conduce dentro la sacralità del matrimonio: i due sono dei chiamati ad essere una carne sola in "un vincolo sacro e inviolabile" (Pio XI). Tutto ciò che è contrario a questa sacralità, non è ammesso per un discepolo di Cristo Gesù e per quanti lo seguono. Dio tesse relazioni e non separazioni!
Ancora oggi l'uomo e la donna sono chiamati a vivere il loro matrimonio non come un contratto, ma come "un aiuto corrispondente reciproco": davanti si ha una persona da amare e non qualcosa di cui semplicemente servirsi. «La missione forse più grande di un uomo e una donna nell’amore è questa: rendersi a vicenda più uomo e più donna. Far crescere è aiutare l’altro a modellarsi nella sua propria identità» (AL 221).Oggi non guardiamo a questo aspetto, la sacralità si dimentica facilmente. Chi si sposa con questa coscienza sono meno di pochi, perché si vive la cultura del provvisorio insieme alla paura di sbagliare.
Il matrimonio cristiano è una nuova vita in Cristo. Gli sposi con i loro limiti sono chiamati a testimoniare la bellezza dell'amore che Dio ha riposto in loro affidandosi continuamente sulla “potenza di Dio” (cfr. 1 Cor 2,1-4) con la preghiera. La preghiera è quel rimettere ogni momento al dito del proprio sposo e della propria sposa, quell'impegno assunto con la benedizione del Signore. Trasgredire l’amore sponsale è trasgredire l'amore stesso di Dio.
La vocazione all'amore appartiene a tutti. San Paolo ci ricorda che tutti siamo chiamati ad amarci come Cristo ci ha amati, "sottomessi gli uni agli altri" (Ef 5,21). Attenzione! Non guardiamo la sottomissione come un dominio ma come un servizio.
E qui nasce la seconda questione posta nel Vangelo: da dove iniziare per vivere meglio l'amore, questo lungo sogno di Dio? Per farlo capire, Gesù mette al centro la semplicità di un bambino. A quei tempi il bambino era rifiutato, considerato ultimo, senza diritti.
Avere l’atteggiamento del bambino, del più fragile, vuole indicare quel puro bisogno del bambino, che non può vivere da solo: egli ha bisogno di essere accudito, altrimenti non vive ed egli vive perché è amato.
Questa caratteristica di vivere se siamo accolti, amati, è il fondamento del nostro esistere, delle nostre relazioni: chi non è accolto non esiste, è sempre inquieto, angosciato vivendo il provvisorio e la paura di sbagliare.
Gesù ci suggerisce invece di farci piccoli perché la grandezza di Dio possa prendere posto in noi.
La scena dei bambini nel contesto del ripudio riguarda tutti, perché tutti abbiamo un “divorzio” nel cuore. Tutti necessitiamo di quella piccolezza del bambino per poter vivere la nostra vita in modo autentica con coscienza, prudenza e amore.

Buona Domenica nel Signore a tutti voi!




immagine: https://www.maranatha.it/Festiv2/ordinB/B27text.htm