giovedì 21 ottobre 2021

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

VEDERE PER AMARE


Continuiamo il nostro cammino di fede. Camminare... non è sempre facile, la strada è sempre in salita e gli ostacoli della vita sono tanti. Del resto la nostra vita è su un tappeto di rose, ma spesso dimentichiamo che le rose hanno le spine.
Se ricordiamo, domenica scorsa eravamo tutti occupati a pensare ai ruoli da occupare, ad avere una visione gloriosa della fede: una visione cieca. Questa Domenica la Parola di Dio rimarca quella cecità e ci permette l’incontro con Colui che ridona la vista.
Nel cammino verso Gerusalemme, a conclusione del capitolo 10 del vangelo di Marco, abbiamo come tappa Gerico, situata a 27 km da Gerusalemme, ultima delle tappe di questo cammino.
In questa località Gesù fa l'incontro con Bartimeo un mendicante, un cieco, che in quel momento avverte il passaggio di Gesù.
Chissà se noi avvertiamo il passaggio di Gesù nella nostra vita? Sant’Agostino aveva paura di non accorgersi del passaggio di Gesù. E noi?
Ebbene, quest’uomo è l’emblema di quello che siamo noi: ciechi! Quest'uomo nella sua vita ha solo due tappe: la cecità e la mendicità, la paura e il coraggio. Se la cecità crea paura attorno a se, la mendicità la toglie, anzi ottiene coraggio e permette l'incontro.
Questo cieco, situato lungo la via, è in cerca non di una guarigione ma della misericordia di Dio, dell'elemosina (Kyrie eleison) di Dio. È una richiesta messa prima del grande sacrificio di Gesù, la stessa che proclamiamo all'inizio di ogni liturgia Eucaristica.
Quest'invocazione dovrebbe capovolgere il nostro esistere e invece c'è sempre qualcuno che rimane cieco, ricco, mette a tacere, anche se si tratta di sofferenza. È una cosa terribile pensare che dinanzi a Dio possa accadere questo. Eppure ancora oggi nella nostra vita si ripete!
Pensare al cieco di Gerico è una risposta a tutte quelle volte che, ancora oggi, non permettiamo alla vita di “sprigionarsi” e “volare sulle ali del vento”. Siamo capaci di riempirci di mille e più devozioni, messe solenni e quant'altro che far vivere in piena armonia la vita e amarla dal profondo del cuore.
Continuiamo a dimenticare che ogni volta che non abbiamo visto (non amato) il fratello più piccolo, non abbiamo visto (amato) Gesù (cfr. Mt 25,40; cfr. anche 4,20).
C'è “un grido di dolore dei piccoli e dei poveri” di cui la società politica fa' orecchie da mercante... latita.
C'è un grido che si alza. Ma la vergogna, la società, chi ti sta accanto vuol sempre coprire il grido: “non disturbare il Maestro!”.
Non bisogna aver paura, anzi bisogna gridare più forte per sovrastare i rumori di fondo, non solo quelli esteriori ma anche quelli interiori. È una esigenza orante gridare per vederci chiaro: è una necessità viscerale! È solo Gesù può ridare luce ai nostri occhi.
Davanti a questo grido Gesù si ferma. La risposta è sempre vicina al cuore di chi ha fede.
L'incontro con il cieco di Gerico è l'incontro di Gesù con tutti, perché tutti mendichiamo e tutti chiamati a vivere l'essenziale, perché anche noi siamo come il cieco di Gerico bisognosi di lanciare un grido nella società.
Purtroppo ci sta chi impedisce l’incontro e Gesù capovolge la situazione e invita quelle persone che volevano zittire il cieco, ad andare da lui per dirgli: coraggio, ti chiama, alzati! Tre imperativi, tre parole che richiamano l'immagine Trinitaria: il Padre che infonde coraggio, per ridare cuore e speranza; il Figlio che chiama al senso della vita e lo Spirito Santo che invita ad alzarsi per annunciare la compassione di Dio.
Questi imperativi sono per tutti. Essi ci richiamano a fare coraggio alle persone che sono attorno a noi. A dire a tutti di alzarsi, di riprendere la propria dignità, di uscire da quella sorta di vittimismo. Di prendere coscienza che siamo chiamati a fare esperienza dell’amore di Dio.
Purtroppo non tutti riescono a penetrare il mistero. Questo cieco, invece, sarà il primo e unico discepolo a seguire Gesù nella sua passione ad occhi aperti. Sul Golgota troveremo il centurione. Poi sarà il turno delle donne. Mentre per gli apostoli passerà un po’ di tempo.
“Che io veda di nuovo” è il passaggio dal buio alla luce per essere “poveri in spirito” e continuare a chiedere elemosina a Dio perché faccia luce su tutto.
Il cieco, ricolmo della misericordia di Dio, è ritornato a vedere la vita, a vedere l'amore e si mise a seguire il Maestro lungo la via, si mise ad amare quanti sono ancora immersi nella loro cecità.
È la luce dell'amore che lo ha reso energeticamente nuovo e lo porta a vedere la realtà che lo circonda con occhi nuovi, con gli occhi dell'amore, con gli occhi di Dio e conduce altri a crescere nell'amore.
In questa domenica, dedicata alla giornata missionaria mondiale, siamo chiamati a rivisitare la nostra vita, la nostra fede, per riconoscersi ciechi e gridare anche noi la nostra cecità a Gesù che passa dalla nostra vita. Il simbolo della nostra mendicità non può essere più un mantello, ma l'amore di Dio per tutti soprattutto i malati, i poveri, gli emarginati!
 
Buona Domenica nel Signore a tutti voi!




immagine: https://www.papaboys.org/il-cieco-di-gerico-ovvero-quel-grido-non-soffocato/