giovedì 4 novembre 2021

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 UNA QUESTIONE DI CUORE
 
 
Ci avviamo verso la conclusione dell’anno liturgico e in questo peregrinare, l'Evangelista Marco ci regala delle batoste per far emergere quello che in noi non funziona.
Nelle scorse domeniche abbiamo parlato di discepolato cercando di capire chi è disposto a seguire Gesù Maestro fino alla croce e questa domenica, XXXII del tempo Ordinario, capire che il discepolo non è colui o colei che dona il superfluo ma tutto se stesso.
Gesù con le sue parole, è come il fotografo che con la sua macchina fotografica inquadra la scena, la mette a fuoco, per evidenziare una contrapposizione tra due personaggi.
Il primo personaggio sono gli scribi, cioè i teologi del tempo ma anche i manipolatori della Legge. Essi sono persone potenti e temuti. Di loro Gesù disse: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole» (Lc 16,15).
L'altro personaggio è una donna: povera e vedova. Una persona insignificante, lo scarto della società, una persona che non vale nulla ma non agli occhi di Dio, così come abbiamo già visto, perché Dio non giudica dall’apparenza, ma guarda il cuore (1Sam 16,7).
Questi due personaggi sono la contrapposizione che riscontriamo ancora oggi nella nostra società, che deturpa quella bellezza creata da Dio e che ancora oggi fa breccia in coloro che si sentono i detentori di un “telecomando”.
Oggi potremmo rileggerlo diversamente questo brano: cambiando i personaggi e mettendoci noi, noi che non abbiamo il coraggio di essere noi stessi, che non siamo neanche capaci di fingere, che per ogni cosa abbiamo la malattia dell'apparire e questo ci assolve da poter alzare il dito contro l'altro dimenticando il vero scopo della vita cristiana; seguiamo tutto tranne Dio, dimentichiamo che abbiamo bisogno di coltivare la vita interiore invece dell'effimero della vita, dimenticando che il discepolo è colui o colei che dona se stesso senza riserve mettendo sempre al centro di tutto Dio.
L'esempio della vedova, non è una questione di denaro ma una questione di cuore, di un cuore umile. Tutto parte dal cuore e non dal superfluo. Il cuore è la vita il superfluo quello che ci circonda.
La vedova non dona quanto la circonda per poi andarsene via, così come si nota nelle nostre chiese. La vedova non è la nonnina della devozione, della messa domenicale ma è una donna che nonostante vive sola, che non ha un marito che la sostiene, non perde la sua dignità ed ha il coraggio di aprirsi alla condivisione, donando se stessa perché cresca il Regno di Dio.
Questo dono di sé è simboleggiato dagli spiccioli. In quelle monete la donna ha gettato nel tesoro la sua stessa vita. Il gesto di questa povera donna non è un gesto di carità ma di fede, quella stessa fede che ella nutre sapendosi cara agli occhi di Dio.
Ecco la santità tanto decantata dalla Sacra Scrittura, dai nostri Santi, dal magistero della Chiesa. In quella vedova è racchiusa la prima beatitudine declamata dal Vangelo: “beati i poveri in spirito”.
La santità parte dall'ascolto, un ascolto che si fa desiderio del cuore verso una conversione permanente cercando di discernere, sempre, se si è veramente discepoli di Cristo Gesù, prendendo a modello, in questa domenica, una vedova.
Gesù dice di fare attenzione, se no l'essenziale ci sfugge. Essere ricchi non è la soluzione al problema, non è la soluzione al dono. Donare è una parola facile, ma è un verbo che ci fa pensare ai soldi, tanto necessari per vivere dignitosamente o portare avanti un'opera. Ma in questo momento, Gesù non parla di soldi.
Se osserviamo, nel vangelo Gesù condanna duramente i maestri d'Israele per il loro orgoglio e la loro prepotenza. La loro è solo ricchezza esteriore e non donazione, non ricchezza interiore e non sono capaci di donare. Tanto è vero che più si ha più si è incapaci di donare. Mentre la vera povertà è libertà ed è capace di donare. La fede è coinvolgimento e non esteriorità. È un mettersi in gioco e non un apparire.
Questo era il problema dei discepoli del tempo, ma è un problema ancora attuale. La vera nostra povertà è quel gesto di bontà, quella capacità di dare, anche quando pensiamo di non possedere nulla, perché possediamo Dio e solo Lui basta!
Verifichiamo allora la nostra vita di fede, che non è un vivere la religiosità all’acqua di rose. Molti sono quelli che pensano di sapere su Dio, dicevamo domenica scorsa, ma non sanno nulla, si illudono perché guardano se stessi.
Torniamo al Vangelo per imparare ad amare, per imparare a donare, seguiamo l'esempio della vedova ma soprattutto l'esempio di Gesù Cristo che donò se stesso. In Lui tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.
 
Buona Domenica nel Signore a tutti voi!




immagine: http://www.impegnoeducativo.it/2014/lobolo-della-vedova/