giovedì 28 aprile 2022

III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

AMATI NONOSTANTE IL NOSTRO LIMITE


Anche questa domenica, il Vangelo secondo Giovanni ci presenta un'apparizione di Gesù Risorto ai suoi discepoli, spostando l'attenzione dalla Giudea alla Galilea.
Un capitolo particolare, questa domenica, dove il protagonista dell’apparizione è Pietro. Possiamo pure chiamare questa domenica come "la domenica di Pietro". Anche se è una domenica che ci appartiene, perché è la domenica della fatica, fatica dal lavoro, fatica per quello che tutti stiamo vivendo, una fatica in cui i nostri stessi occhi sono opachi, la fede in Dio è opaca perché è celata dalla cataratta: è in questa fatica che Gesù il Risorto, dà appuntamento ai suoi discepoli, a ciascuno di noi.
L’esordio di questo capitolo 21 di Giovanni, una aggiunta al IV Vangelo, mette in bocca a Pietro queste parole: «io vado a pescare». È un’espressione triste quella di Pietro. Le sue aspettative si sono spente in una croce, sulla sua vita sembra che sia calato il sipario e torna a fare quello che sempre ha fatto: pescare, del resto è quello che sa fare bene, la sua vita concreta. Pietro però non è solo, altri discepoli lo seguono, ne possiamo leggere i nomi tranne di due soltanto. Questi discepoli anonimi qui ci rappresentano.
Purtroppo, quando la fede è celata "non si riesce neanche a pescare", perché non è la pesca di Dio. Ci ricorda il Salmista: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 126, 1).
Dopo la fatica piuttosto pesante ci si ritrova a mani vuote, si ritorna a riva e lì il Signore attende, vuole incontrarci, vuole dirci qualcosa: «gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete».
Dinanzi a questa parola, i discepoli tacciono, possono solo accogliere. Solo il silenzio accoglie la Parola del Signore e non i rumori che l’accompagnano e il Signore si rende presente e la Sua presenza e la sua Parola supera ogni ostacolo, supera ogni nostra insufficienza e povertà: nella fede è possibile sfidare gli imprevisti della quotidianità. L'importante è accogliere quanto Gesù ammonisce con perentorietà: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5).
Il Signore Risorto, sulle rive della nostra esistenza, svela con gradualità il suo mistero e la nostra vocazione. Seguire Gesù significa seguire l’Agnello che è stato immolato. Si tratta di percorrere una strada di obbedienza e di croce, la strada di un amore che si fa serio attraverso il dono totale di sé.
In quest'incontro con il Risorto, il nostro buio si trasforma in luce e in quanto tale, diventa missione. Qui, solo l’amore riconosce tutto questo: «è il Signore!» e Pietro si getta subito in acqua, si getta in quell’acqua che è il simbolo di quella passione, morte e risurrezione di Gesù e si fa modello per ciascuno di noi.
Anche noi siamo stati immersi in quell’acqua. Abbiamo bisogno di rifarlo per poter abbracciare nuovamente il Signore, che sempre ci aspetta in quelle rive della nostra ferialità.
Con il Risorto, allora, nasce la condivisione della stessa missione. Appartiene a Lui. Infatti, il Risorto è presente nella condivisione.
Pietro è il primo a salire sulla barca per la condivisione. Dalla barca vengono tratte 153 grossi pesci. Non ci sta una spiegazione precisa su questo numero, molteplici sono state le spiegazioni: le specie dei pesci che si conoscevano, i popoli che si conoscevano a quei tempi, etc.. Noi possiamo indicare solo le diversità del popolo di Dio a cui il Signore ha messo a capo Pietro: «pasci i miei agnelli … pascola le mie pecore» e che tutti siamo portati a salvezza nell’amore.
Pur essendo tanti i pesci, la rete non si squarcia, non si rompe, non è divisa. Come la tunica di Gesù: non è stata divisa. Non si può dividere il corpo di Gesù. In questa rete ci siamo tutti noi e non possiamo essere divisi: è una rete che non va mai rotta, dobbiamo essere sempre in comunione e in amore con tutti.
Quanta umiltà, allora, in tutto questo. Pietro, nella sua notte oscura, ha imparato a dire sì nell’umiltà. Non è nato santo! Non voleva neanche farsi lavare i piedi dal suo Signore, non lo riteneva giusto. Ha camminato tanto e ha imparato da ciò che ha vissuto e patito per essere vero discepolo del Maestro. Ha imparato a riconoscersi peccatore ma salvato, per questo Gesù gli ripete: «mi ami?».
Pietro si presenta al Signore in semplicità di cuore, Egli sa tutto ma Pietro non è capace di amare come ama Dio e il Signore abbassa il livello: «mi vuoi bene?».
Tre volte il Signore pone la domanda a Pietro e tre volte anche a noi. A lui per il suo rinnegamento, a noi per tutte quelle volte che la fede vacilla, per quelle volte in cui la speranza affievolisce e di conseguenza non sappiamo vivere l'amore.
Pietro sarà colui che dovrà confermare i fratelli nella fede. Noi coloro che prendono in mano il proprio battesimo da vivere nella quotidianità aiutando chi si trova nel bisogno.
Dalla pagina evangelica, sembra che l’amore esca di scena. Ma non è così perché l’amore non si racconta lo si vive. Rimane per tutti l’invito finale di Gesù: «seguimi!».
Esso si ripete sempre, tutti i giorni, ancora oggi per ciascuno di noi. Tutti inviati all’insegna dell’amore, nonostante il nostro limite. È l'invito a rimanere suo discepolo fino in fondo, per imparare a conoscere l'Amore senza limite di Gesù, per essere con Lui e come Lui fino alla morte (cfr. 13,36).

Buona domenica nel Signore a tutti voi!