mercoledì 20 luglio 2022

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

NELLA PREGHIERA DI GESÙ LA NOSTRA PREGHIERA 
 
 
Il cammino di Gesù continua e in questa domenica estiva, il Maestro vuole dare un insegnamento sulla preghiera, come risposta a una richiesta.
La richiesta viene proprio dai discepoli che spesso lo hanno visto in preghiera, trasfigurato da essa, diverso; in realtà se la preghiera non ti trasfigura in qualche maniera è morta.
In questo tempo estivo pensiamo poco e niente a quest’aspetto principale della nostra vita cristiana. Forse neanche guardiamo a Gesù a questo aspetto della sua vita, avendo in noi delle scuse da legittimare dimenticando chi veramente siamo e finendo di costatare che la nostra vita cristiana ha poco di serio e di duraturo. Quindi anche noi, oggi, abbiamo bisogno di ripetere: «Signore, insegnaci a pregare», cioè ad entrare nel mistero della preghiera, per essere trasfigurati.
Ricordiamo che la preghiera non è una teoria (la teoria è racchiusa nei libri), ma una pratica. La preghiera inizia quando uno prova a pregare così come sa fare. Sarà lo Spirito che pian piano aggiusterà i nostri tentativi. La regola d’oro è sempre la stessa: si impara a pregare pregando. La si impara mettendosi alla scuola di Gesù e dei grandi maestri di vita spirituale.
Nel Vangelo i discepoli chiedono di imparare a pregare non perché non sanno pregare, ma perché in Gesù hanno visto un nuovo modo di ancorarsi a Dio. Una nuova esperienza di vita che Gesù propone a quanti decidono di seguirlo.
Questa richiesta, infatti, volge nella ricerca in un intimo rapporto col Padre e Gesù non fa altro che insegnare questo suo rapporto con il Padre consegnando la preghiera del Padre nostro.
Abitualmente noi preghiamo col Padre nostro durante la liturgia o la giornata con la versione dell'evangelista Matteo. Luca, amante della preghiera, ci dà una versione tutta sua. Esiste anche una terza versione più antica del Padre nostro e si trova nella Didachè.
Cosa vogliono dirci queste molteplicità di versioni del Padre nostro? La risposta è semplice. Che questa preghiera non è una delle tante esistenti, ma è la sintesi del messaggio cristiano, dove ognuno di noi trova una traccia su cui orientarsi per percorrere il suo rapporto con il Padre. Ciò vuole ulteriormente dimostrare che la preghiera non è una formula fissa, rigida ma un mettersi con tutto il proprio essere, in trasparenza, nella luce di Dio, riconoscendoci per quel che siamo, avvertendo quel bisogno di ancorarci sempre in Lui, nel suo amore, nella sua volontà misericordiosa.
Allora la richiesta dei discepoli non sta nel fatto di imparare una preghiera tra le tante (utili anche quelle per carità), ma di pregare guardando Gesù che prega, partendo dalla sua preghiera... È proprio questo il contenuto della richiesta dei discepoli a Gesù: «Signore, insegnaci a pregare...». È una richiesta fatta anche per noi, perché anche noi non sappiamo pregare partendo dalla stessa preghiera di Gesù. E Gesù insegna a pregare entrando dentro il mistero della preghiera, passeggiando col Padre in un atteggiamento amoroso, fiducioso.
Per vivere quest'atteggiamento orante in modo semplice e fiducioso, tre sono i verbi chiave per rivolgerci a Dio ed avere Lui stesso: Cercare, trovare, bussare. L'uomo cerca, bussa e trova nel cuore dell'Amico anzitutto per lodarlo e adorarlo, come è detto nelle parole: «sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno...»; e, solo successivamente, possiamo presentare a Lui le necessità inderogabili della vita di ogni giorno, come il bisogno di nutrimento, sia materiale che spirituale: «dacci oggi il pane quotidiano»; o il bisogno di ordine morale, come il perdono: «perdona i nostri debiti, perché anche noi perdoniamo»; infine, la grande richiesta di aiuto perché nei momenti difficili della prova, il Suo amore misericordioso sia presente: «non abbandonarci alla tentazione».
Questo ci permette di riflettere sul tipo di preghiera che facciamo, ci permette di chiederci: qual è allora la mia preghiera, com'è la mia preghiera, come prego, cosa e come prego, che cosa chiedo, per che cosa ringrazio il Signore?
A queste domande ci aiuta a trovare risposta un carmelitano esemplare: san Tito Brandsma, che riassume quella lunga e ininterrotta tradizione con queste parole: “vivere alla presenza di Dio, porsi davanti al suo volto, è una caratteristica che i figli del Carmelo hanno ereditato dal grande profeta” e quest’eredità non è da tenere nel cassetto e tantomeno farne uso al bisogno, ma da viverla e farla vivere ogni giorno.
Quindi quel «Signore, insegnaci a pregare» non è un insegnamento per imparare nuove preghiere o chissà quale rito, ma un chiedere come arrivare a stare alla presenza di Dio e vivere del suo amore nella quotidianità.
Per pregare bene come Gesù bisogna essere innamorati della vita e quindi, ogni giorno, la preghiera deve essere nell'abbraccio, nella gioia, nel dolore, nelle necessità di ogni uomo e di ogni donna e di quanto ci circonda.
Sia questo per tutti noi il senso da dare alla preghiera! Sia Gesù stesso la nostra preghiera!

Buona domenica nel Signore a tutti voi!


 


 
 
immagine: https://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/