mercoledì 24 agosto 2022

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

ALL'ULTIMO POSTO DOVE C'È CRISTO


In questa domenica, seguendo il Signore Gesù, lo troviamo tra gli invitati a un banchetto nella casa di un capo dei farisei.
Gesù, accettava di buon grado l’ospitalità di chiunque. La sua spiritualità è fondata sull’offerta gratuita del Regno da parte di Dio. Per lui conta soprattutto accostarsi a ogni uomo e donna per comunicargli la bella notizia. Per la cultura antica, soprattutto semitica, condividere un pasto, ancor più se in occasioni festose, equivale a sancire una comunione di intenti e di destini. Condividere il pane è simbolo di una condivisione più profonda, quella degli affetti e degli ideali.
In questa casa Gesù osserva e di certo avrà notato la ricchezza, la bellezza, il gusto dell’arredo, vasellame prezioso, tovaglie di tessuto pregiato, ha assaporato del buon cibo e tra tante cose l’atteggiamento degli invitati e mentre osserva nota una scena di vanità, tutti vogliono i primi posti. Un atteggiamento piuttosto diffuso, anche ai nostri giorni.
Quante lotte e guerre di ogni natura, tutte causate dall’orgoglio. Tutti sembriamo “umili”, “buoni”, “devoti” ma appena entriamo nel mondo dell’altro, appena provochiamo l’altro, soprattutto nell’orgoglio: “apriti cielo!”.
Cosa conta allora, come rapportarci? Le due brevi parabole che racconta Gesù, una indirizzata all’invitato e l’altra all’invitante, è proprio sul valore della nostra vita, del rispetto verso l’altro, anche per evitare figure meschine.
Le due parabole insegnano che non esistono classe sociali che valgono per quello che hanno o per quello che sono. Conta sempre il valore della propria vita. Noi siamo “pezzi unici” e irripetibili a prescindere dalla classe sociale. È vero che noi percepiamo grandi desideri da poter realizzare e che spesso per realizzarli dobbiamo andare avanti a forza di spintoni e mostre, ma ognuno di noi vale per quello che è; è importante e speciale e certamente non ha bisogno di apparire diverso agli occhi dell’altro, non ha bisogno di cercare il primo posto per dare senso e valore alla propria vita.
Quale presunzione portiamo sempre nella nostra vita arrogandoci chissà quale posto d’onore o di visibilità in questo mondo iperconnesso, di dire qualcosa sull’altro, di dire quanto vale l’altro. Non siamo davanti a un influencer per mettergli in like.
Gesù ci dice qualcosa di diverso che va oltre. Ci dice che non abbiamo bisogno di dare o cercare giudizi.
Gesù qui ci invita a metterci all’ultimo posto e non a evidenziare l’orgoglio, la superbia, il peggiore dei vizi. Dobbiamo imparare la via dell’umiltà, perché è quella autentica, che permette relazioni autentiche, è la via della saggezza, come dice il Siracide, e «trovare grazia presso Dio» (cfr. prima Lettura).
L’umiltà. Forse questa virtù ci fa paura perché ci degrada. Qualche volta pensiamo che fare tante rinunce significa umiltà ma otteniamo semplicemente una malattia spirituale.
L’umiltà è già dentro di noi, è una caratteristica particolare dell’animo umano. Tanto è vero che la parola umiltà deriva da humus, dalla terra. Questo significa concretezza e fecondità. Non occorre apparire ma vedere me stesso e gli altri in una chiave diversa. Ecco perché Gesù ci richiama all’umiltà, a metterci all’ultimo posto, perché ci giochiamo la relazione con Dio e con gli altri.
Quante volte noi che andiamo a Messa, che recitiamo rosari e preghiere varie siamo tra coloro che giudicano, che guardano male l’altro, che nonostante tutto cerchiamo successi umani, cerchiamo di prevalere sull'altro. 
Proprio in quel momento ci siamo giocati la nostra relazione con Dio. In quel momento siamo semplicemente come il pubblicano al Tempio: pieno di sé stesso e non di Dio (cfr. Lc 18,9-14) e andremo sempre in cerca di un tornaconto.
L’umile è colui che considera ogni bene un dono di Dio, proclama in questo modo la grandezza e la generosità infinita di Dio (cfr. prima Lettura); ma il superbo, che considera tutto come suo merito, che vede ogni beneficio di Dio come una glorificazione di sé stesso, si appropria ingiustamente della gloria che spetta a Dio solo; quindi, l’umiltà è la forma più autentica della tua vita.
Andiamo quindi sempre oltre noi stessi, usciamo dal nostro mondo senza distogliere lo sguardo da Gesù e da quelle grandi realtà della fede. Non cerchiamo il primo posto, lasciamolo a Dio, lasciamo che Lui guardi alla nostra piccolezza, come fece con la Vergine Maria (cfr. Lc 1,48). Guardiamo speranzosi alle cose di lassù, anche se siamo circondati dalle nostre debolezze, anche siamo circondati dal peccato.
Gesù chiede di seguire la via che è la sua stessa via: l’ultimo posto, che nel Vangelo, è il posto scelto da Gesù: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve», così come disse durante l’ultima cena, quella cena che è sintesi di una vita intera, la vita di Gesù quella vera che non tramonta e che passa per la via dolorosa dell'umiliazione e della croce. Allora si sta all’ultimo posto perché lì c’è Lui, stai con Lui.
Questo è lo stile di Gesù: mite e umile di cuore, che diverrà beatitudine, felicità vera, piena, duratura, se vivremo di questo dono.
Fidiamoci di questa grande promessa di Gesù per poterla vivere nella vita eterna.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!