venerdì 9 settembre 2022

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

SCOPRIRSI FIGLI AMATI

 
Questa domenica abbiamo un discorso in parabole per capire come Dio ci ama, come si prende cura di noi e magari perché in una maniera diversa da noi.
Gesù, quindi, inizia il suo discorso in parabole con una domanda retorica: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?».
A questa domanda credo che nessuno risponderà anche perché con il senno del poi, chi veramente metterà a rischio 99 pecore per andare in cerca di quella perduta? Nessuno! Nessuno di noi lo farà perché preferirà salvare le 99 che quella perduta. Solo il Signore potrà fare qualcosa che noi non faremo mai. Solo il suo amore misericordioso supererà il nostro modo di pensare e di agire. Solo il suo amore misericordioso supererà il nostro io!
Magari ci comporteremo come la donna di casa, che perde la sua moneta o non gli tornano i conti, si agita e nella sua agitazione alla fine ritrova la moneta.
Oppure, avremo il comportamento dei due figli della terza parabola. L’abbiamo conosciuta come quella del figliol prodigo, ma i figli sono due e non uno solo. In ambedue i figli troviamo una religiosità che mortifica l’uomo, la sua dignità. Due figli che hanno una visione distorta del Padre.
Ancora oggi assistiamo a pensieri privi di gratitudine, a pensieri presuntuosi, dove l’umiltà è sempre una utopia. Facciamo tutto come se Dio non esistesse e pretendiamo ugualmente le cose, come il figlio minore. Siamo tra coloro che vogliono “la botte piena e la moglie ubriaca”, perché tutto vada liscio secondo i nostri desiderata.
La parabola nei suoi dettagli fa discutere, fa “rientrare in se stesso”, dice l’Evangelista per far capire che a nessuno importa di me e che forse è meglio far ritorno a casa, anche se non ho ancora capito l’amore del Padre.
Anche l’altro figlio, quello maggiore, ci rappresenta. Egli è colui che ha il senso del dovere come un obbligo, come un peso. Non vive la sua figliolanza, si sente un dipendente, il Padre per lui è un padrone.
Anche in noi ci sta lo stesso atteggiamento. Quanti di noi, sentono il peso della Messa domenicale? Quanti di noi vivono lontano dalla Messa domenicale? O quelli che hanno sempre qualcosa da dire contro Dio? Oppure siamo tra coloro che hanno condannato eternamente l’altro per degli errori nella sua vita? E poi alla conclusione si cerca di riparare senza riconoscersi figli e figli amati?
In questo contesto si innesca i tratti dell’amore di Dio, i tratti di un Padre esageratamente innamorato di noi e che cerca di ridircelo in tutte le salse, usando tanta pazienza con noi.
Quanta pazienza: sfidare il deserto per una pecora perduta; non darsi pace per una moneta che non riesce a trovare; capacità di gettarsi al collo del figlio dissoluto o dei due figli. Qui abbiamo la sintesi del Vangelo, il volto di Dio amore, racchiuso in quel forte legame tra Gesù e i peccatori, legame che dava scandalo a scribi e sacerdoti o a coloro che pensano con la legge del proprio io, purtroppo riscontrato, ancora oggi, in mezzo a noi.
Quella raccontata da Gesù è una bella storia d'amore, un amore a cui è legato il verbo perdere ma allo stesso tempo il verbo ritrovare. È il cammino paziente, pieno di amore del Padre che si traduce in gioia, festa.
In queste tre immagini della vita, Dio non guarda le nostre colpe, ci dona il tempo necessario per la conversione, Egli fa festa nel perdonarci superando le nostre debolezze, ecco perché ci carica sulle sue spalle; ci cerca nello sporco degli angoli di casa; si getta al nostro collo.
Questo grande flirt di Dio per noi, lo possiamo cogliere in ogni pagina della Bibbia e in particolare nel Vangelo, quando Gesù va in cerca del peccatore. Ma possiamo cogliere anche quel desiderio dell'anima che cerca Gesù, perché vuole essere sanato e corre tra le braccia del Padre.
Noi siamo quell'amato perduto che il Padre continua a cercare, per abbracciarci, rivestirci di una veste nuova e splendente e far festa con tutti.
L’Evangelista interrompe qui il discorso parabolico, non mette le conclusioni sui due figli, lascia aperta la pagina della vita che ancora ai nostri giorni si ripete. Questo perché ognuno dovrà scrivere il finale di questo racconto con la propria scelta di vita: sceglieremo l’amore del Padre o una vita dissoluta?
In tutto questo rimane un Padre che aspetta tutti, anche quelli più impensabili, per riabbracciarli, per donare ancora una volta il suo amore.
È un invito a tornare al Dio di Gesù Cristo e non a quello a nostra immagine e somiglianza. È un invito a scoprire il volto del Padre, a scoprire che siamo figli amati. Allora sarà una felicità che coinvolge cielo e terra: vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!