giovedì 13 ottobre 2022

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

PREGATE RESTANDO CONNESSI
 
 
 
Continua, anche questa domenica, il discorso sulla fede, una fede ancorata all'amore alla riconoscenza come già ascoltato domenica scorsa con il brano della guarigione dei dieci lebbrosi. Una fede che ci accompagna lungo i sentieri della vita. Ma il Signore Gesù ci pone oggi una bella domanda che è posta, oggi, a discernimento dei nostri cuori: «il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». È una domanda che risulta senza cenno di risposta. Ognuno è chiamato a rispondere con un sano discernimento, quel discernimento che parte dall’ascolto attento della Parola. Allora è importante chiedersi: come mi pongo dinanzi alla Parola di Dio? Quest'ascolto è settimanale, occasionale o tutti i giorni?
Se è settimanale è come vivere un obbligo. Se è occasionale è come occupare uno spazio nell'arco della vita. Mentre se tutti i giorni è vivere un continuo rapporto di comunione con Dio, così come dice san Paolo nella seconda lettura, un tessere relazione d’amore con Dio.
Per ancorarci alla nostra fede e capire ancora meglio, il Vangelo di questa domenica risponde con una parabola che Gesù stesso mette alla nostra attenzione. La parabola riporta un caso di giustizia su una vedova, la quale insistentemente si rivolgeva al giudice che qui si presenta disonesto, per ottenere il suo diritto.
Dentro questa parabola ci siamo tutti quanti, tocca noi ogni volta che non sappiamo rapportarci con Dio, quando non capiamo l’importanza della preghiera nella nostra vita.
Gesù oggi ci parla di una preghiera incessante. Non ci dice di dire le preghiere, utili anche quelle per carità, ma di metterci in uno stato di preghiera, che la vita stessa diventi preghiera.
Quale difficoltà nella nostra vita la preghiera. Forse perché il termine ha la stessa radice di precario. Del resto, anche la donna nel suo stato di vedova è precaria e chiede con insistenza di essere esaudita.
Sant’Ignazio di Loyola insegna che l’oggetto della preghiera è quello che voglio. E se chiedo vuol dire che ricevo un dono, un dono però non ha pretese, va chiesto e basta a prescindere se lo si ottiene.
Facilmente nei casi particolari demordiamo, lo fecero i discepoli del tempo. Allora è importante insistere, pregare senza stancarsi.
La stanchezza è il pericolo che si incontra nella preghiera. Essa non ci fa respirare, ci appiattisce mentre la preghiera è il respiro della vita se cerchiamo la sua essenza, se cerchiamo Dio, se siamo rivolti verso Lui, respirando fortemente di Lui, vivendo da risorti.
Quante volte ci ritroviamo stanchi perché la società non va, quando viviamo la crisi del caro energia, di tutta l’economia, che tutto crolli e viene spontaneo chiederci se in quel momento Dio ci esaudisce nella preghiera o gli piace stare in silenzio.
Umanamente parlando, sembra di assistere al silenzio di Dio. Pensiamo che non serve a nulla pregare e ci viene facile esclamare: “ma questa vita non va come dico io!”. Ricordiamoci che Dio non soddisfa tutte le nostre richieste, però realizza sempre le sue promesse con i suoi tempi e i suoi modi. Ecco perché non bisogna scoraggiarsi. La preghiera non cambia la realtà, cambia anzitutto te stesso, il tuo cuore, lo sguardo che hai sulla realtà che ti circonda: persone e cose e aggiungiamo: ti cambia lo sguardo su Dio.
Nella mia vita ho avuto il piacere di conoscere un anziano che pregava sempre così: “ti ringrazio mio Dio, perché il mondo non va come dico io”. L’anziano era coscientemente convinto che Dio interviene come Lui vuole e non come voleva il suo io. Tutti noi, in qualche modo, siamo quelli che vediamo Dio con la bacchetta magica. Ma non è così! San Paolo, nella seconda Lettura, ci invita a restare saldi sulle cose che abbiamo imparato (2Tim 3,14).
Il Vangelo odierno ci invita alla speranza e non a segnare i confini; ci invita a tornare all’essenziale, all’interiorità, a guardare oltre l'orizzonte dove c'è un Dio che, nonostante tutto ci va storto, ci ama di un amore senza confini.
Insistere nella preghiera non serve a cambiare il cuore di Dio per ottenere chissà che cosa. Il filosofo Seneca a un suo amico che viaggiando credeva di liberarsi degli affanni della vita diceva: “È l’animo che bisogna mutare, non il cielo sotto cui vivi”. Allora pregare senza stancarsi è una trasformazione del cuore, un respirare Dio, un diventare preghiera vivente.
Certo viene facile pensare che il lavoro, le varie attività della giornata non mi permettono di mettermi in preghiera. Però possiamo mantenere quella parte del cuore costantemente rivolta a Dio. Tutti noi facciamo uso di un computer, di uno smartphone e tutti (o quasi) abbiamo bisogno di internet per comunicare coi social, abbiamo bisogno di una connessione. Ma quando non navighiamo in rete e ci occupiamo di altro, il dispositivo rimane sempre connesso, capta il segnale, anzi se lo perde lo ricerca, per poter utilizzare sempre meglio i nostri dispositivi. Dunque, anche se assorbiti dalla vita di ogni giorno possiamo restare sempre connessi con Dio, ricercare quel segnale se per caso lo abbiamo perso!
Gesù ancora oggi ci chiede: «Il Figlio dell’uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla terra?»; troverà Gesù fede sulla terra del nostro cuore? Troverà un cuore che si relaziona con Lui?
Sarà forse una domanda scomoda che oggi ci arriva dall’Alto ma esaminiamoci dentro per capire se ci sentiamo amati da Dio, per essere suoi collaboratori scegliendo di amare.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!