mercoledì 16 novembre 2022

NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO (ANNO C)

IL NOSTRO RE


Siamo arrivati all'ultima domenica dell'anno liturgico e celebriamo la Signoria di Cristo Gesù, Re dell'universo, lasciamo allora che la sua Parola invada tutto il nostro essere come all’inizio della creazione, che tutto parlava di Lui.
Il Vangelo di questa domenica ci presenta un Re del tutto particolare, anzi sembra che Lui stesso ci conduca verso il suo trono: il Calvario, dove lo troviamo inchiodato a una croce, con una corona di spine, una tavoletta che parla di Lui e posto in mezzo a due malfattori.
Al centro della riflessione evangelica ci sta la regalità di Cristo, così come viene evidenziato dall’Evangelista stesso: «non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi». Si ripetono per Gesù le tentazioni con lo stesso stile del diavolo, che ricalcano il senso globale delle tentazioni nel deserto: la tentazione dell’autosalvezza.
Nelle parole dei “capi” troviamo non solo una tentazione, una derisione ma anche il puro fallimento dell'uomo, di un uomo che continua ad arrampicarsi sugli specchi dimenticando il valore della vita.
Questo fallimento parte dallo sguardo. Il Vangelo ci dice che ci sta un popolo che guarda quanto sta accadendo, prova a contemplare il mistero del Crocifisso ma non è capace di entrarvi.
Forse ancora oggi il mondo è affascinato dal “vedere”… vedere la celerità di un messaggio… vedere se in noi ci sta una maturazione.
Al Calvario c’è un popolo che guarda, contempla la scena della crocifissione. Forse non tutti si rendono conto di questa scena di morte, lì vi è Dio; lì Dio manifesta come ama il mondo, come ama ciascuno di noi. Eppure, Pilato fece mettere sulla testa di Gesù una scritta che dice “Gesù narareno, re dei giudei”, le cui lettere iniziali in ebraico corrispondono a YHWH, a Dio. Ecco perché al Calvario abbiamo una nuova teofania dove Dio da inizio a una vita nuova. Purtroppo, per molti, vi è solo il rifiuto di Cristo Crocifisso perché è perdizione, è maledizione, è dono di morte. Mentre Gesù sta donando sé stesso, sta donando la sua vita.
Quest'amore di Dio, questa Verità, Gesù l'ha vissuto nel dono di sé. Ora solo chi si nutre di Lui, chi vive questo rapporto comunionale con Lui può come Cristo vivere il dono di sé.
Penso, allora, che sia il caso di fermarsi seriamente davanti al Crocifisso, non per tentarlo, non per contemplarlo nell'esteriorità, ma per vedere il Suo sguardo fin dentro la nostra anima. Quello che troveremo è solamente Dio-Amore, un Dio così pazzamente innamorato di noi da giungere fino alla follia della croce. Un Dio che della sua regalità ne ha fatto il servizio, perché essere re significa servire. Eppure, ci sta un no, perché un Dio così è assurdo diranno i pagani, è scandaloso ribatteranno i Giudei (cfr. 1Cor 1,20-31).
E noi, oggi, dopo duemila anni di cristianesimo, non ci ritroviamo forse un po' sconcertati dinanzi all'impotenza del Crocifisso? Eppure, nulla è più eloquente della Sua croce, di questo spogliamento di Dio.
L'abisso più profondo che ci separa da Lui non è quello della creaturalità, ma quello del non-amore e la croce è venuta a colmarlo, facendoci contemplare l'Amore, anzi consegnandocelo perché ritrovassimo la nostra somiglianza con Lui.
Allora guardare il Crocifisso non deve essere un respingerlo, un lasciarlo solo. Guardare a Cristo Re significa assumere l'atteggiamento del buon ladrone: accusare il proprio fallimento per vivere un'appartenenza, per vivere il paradiso oggi, per stare insieme a Gesù! Il buon ladrone sa con chi sta andando in paradiso. Egli in qualche modo anticipa ciò che dirà più avanti san Paolo: «se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo» (2Tm 2,11s). Aneliamo allora in nostro stare con lui. Con lui la Croce diventa la porta del paradiso.
Quanta grandezza in questo mistero, una straordinarietà che continua a stravolgere la nostra fede e non ad allontanarci (quella è opera del diavolo, del tentatore). Di Dio invece ne abbiamo bisogno, in ogni istante della nostra vita perché Egli è Re, è Signore, è Vincitore e che ci rende tali in ogni cosa.
Impariamo allora ad alzare lo sguardo al Crocifisso (non la statua, ma il Dio crocifisso) e riconoscere nella sua sconfitta la più credibile forma dell’amore. Sentiamoci amati e figli amati. Sarà quest’amore di sì gran Dio che continuerà a renderci liberi, liberi di credere nella vita, anche quando la morte ci starà attraversando.
Impariamo a costruire la nostra eternità, il nostro paradiso da quaggiù, cioè impariamo a vivere della Croce di Cristo, della sua regalità che è amore per l'umanità e portarla al Padre di misericordia.
Questo significa non scendere dalla Croce, nella pretesa assurda di salvare se stessi, ma continuare a servire come fece Cristo Gesù e attendere l'oggi del Regno nella propria vita.
Ci accompagni nel cammino della Croce la Vergine Maria, la madre di Gesù, anch’Ella ai piedi della Croce per continuare l’opera del Figlio. Affidiamole ogni nostra situazione, ogni nostra preghiera, rivolta ai suoi occhi misericordiosi, con la certezza che non resterà senza risposta.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!