mercoledì 18 gennaio 2023

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

VIVERE DELLA PAROLA DI DIO


È la domenica della Parola di Dio, è la domenica in cui viene messo in risalto la Parola di Dio, quella che passa dalla nostra vita, quella che ci guarisce, quella che ci consola, quella che ci consolida, quella che ci fa maturare nel cammino della fede.
La Liturgia domenicale ci colloca nel vangelo di Matteo, dopo il battesimo di Gesù e le tentazioni e prima del “discorso sul monte” (Mt 5-7) e narra l’inizio dell’attività pubblica di Gesù facendo riferimento all’arresto di Giovanni. San Paolo ci ricorda, a tal proposito, che «la Parola di Dio non è incatenata», non si può arrestare (2Tm 2,9). L’annotazione dell’arresto del Battista va oltre il semplice significato cronologico: è già una prefigurazione della sorte che attende lo stesso Gesù. Teniamo presente che il verbo “arrestare” andrebbe tradotto con “consegnare”. E il verbo “consegnare” è il vocabolario tipico che appartiene tradizionalmente agli annunci e al racconto della passione. Per noi, che stiamo ascoltando questa Parola, oggi, vuole indicare concretamente la presenza di Dio nella nostra vita di tutti i giorni, che il Regno di Dio è qui!
Il Vangelo riporta anche una seconda annotazione: Gesù «si ritirò nella Galilea e venne ad abitare a Cafarnao». Una scelta che mette in discussione l’attesa messianica di molti al tempo di Gesù.
Qui l’evangelista Matteo, da buon esegeta, sente la necessità di precisare che questa scelta è il compimento della profezia di Isaia (8,23-9,1), indicando anche quale messia sia Gesù di Nazaret. Infatti, il modo di pensare faceva dire che l’annuncio messianico partisse dal cuore del giudaismo, da Gerusalemme. Invece parte da una regione periferica, generalmente disprezzata e contaminata dal paganesimo, la Galilea dei Gentili (dei pagani) o delle genti.
Matteo sorprendendoci ci dice che Gesù è un messia per tutti, un messia che rompe con ogni forma di particolarismo.
La Galilea delle genti rappresenta il luogo odierno dell'accoglienza, della comprensione. Rappresenta, illuminati dalla Parola di Dio, il luogo dove ognuno è capace di saper dare maggiore attenzione all'altro: a chi sta vivendo una situazione particolare, una situazione difficile della sua esistenza, quando aiutiamo a uscire dal buio per incontrare la luce, per incontrare Cristo Gesù. La Galilea delle genti oggi è la chiamata alla carità, è l'amore di chi ha incontrato Cristo.
In questo contesto il Vangelo riporta per noi la chiamata di quattro fratelli: Gesù chiama tutti noi, i fratelli, alla conversione. E questa chiamata avviene nella ferialità della vita.
Quanta paura oggi a lasciare che Dio passi dalla nostra vita, dalla nostra quotidianità come se ci rovinasse la vita. Dio lo lasciamo apparire come una esperienza della preadolescenza, emarginato nel ricordo delle mura di un Tempio e basta. Non abbiamo capito nulla!
Il passaggio di Gesù dalla nostra quotidianità, dal luogo dove ci troviamo, non rovina nulla di esistente, non rovina la nostra vita ma guarendola la dilata, la ingrandisce, l'arricchisce di senso. Anzi Dio inizia proprio da questo contesto, perché la sua luce inondi la mia, la tua, la nostra vita, la rischiari da quelle tenebre che ci impediscono di viverla.
Questa novità ci dice che non ci sono preferenze di persone, ma itinerari di fede diversi per poter essere inondati dall'amore del Signore. E quest'amore si spande a macchia d'olio con quest’annuncio: «convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino».
Con l'imperativo “convertitevi”, abbiamo l'occasione per aprire il proprio cuore, la propria vita a Dio senza nessuna paura. E questo Gesù lo dice a tutti. Il Regno di Dio, infatti, è un avvenimento, cioè è qualcosa che succede, che sta per succedere: Gesù venne ad abitare presso il mare, Dio comincia a regnare. Gesù lascia la casa della sua giovinezza per andare nella Galilea delle genti, al di là del Giordano. Lo fa per esercitare la sua regalità a favore del bisognoso, del povero, dei più deboli e bisognosi che invocano protezione. E il movimento di Gesù è una relazione umana che diventa il cammino nuovo presso il mare dell’esistenza.
Dicevamo che Gesù, lungo le rive, chiama due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni.
Gesù passa dal loro quotidiano, mentre stanno lavorando. Nel contesto del quotidiano Dio passa e chiama ciascuno di noi. Ovunque ci troviamo Dio ci raggiunge e ci dice: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini».
In questo momento Dio non chiama a diventare preti, frati, suore ma chiama alla vita, chiama alla fede e chiama a uno stato di vita da saper donare. La chiamata di Dio è solo chiamata d’amore e si risponde con l’amore. Quindi non pensiamo che Dio ci voglia separare dai vincoli più sacri, ma li assume per pescare in una vita più luminosa, fatta solo d’amore. Questo è il significato di una vocazione.
La chiamata alla vita, alla fede, a uno stato di vita non chiede tentennamenti ma solo prontezza: «subito», scrive l’Evangelista. L’avverbio non vuole escludere un discernimento, però nel momento in cui uno parte, questo «subito» risuona come il senso vero della sua esperienza: non c’è più tempo da perdere; d’ora in poi il legame con il passato e le abitudini è superato, ne nasce uno nuovo: Gesù e il suo messaggio d’amore.
Lasciamoci allora raggiungere dalla Parola di Dio, lasciamo che plasmi il nostro cuore e viviamo pienamente di Essa, ogni giorno.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!





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