giovedì 2 marzo 2023

II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

LASCIAMOCI CONDURRE FUORI DA GESÙ


Il cammino del cristiano è un percorso di fede e la quaresima, che abbiamo iniziato, descrive questo percorso tra ritagli dello spirito particolari, per “riprendere in mano il bandolo della matassa”, perché fortifichi l’uomo interiore uscendo dai luoghi comuni, un po’ come Abramo (nella prima lettura) e vivere Dio nella quotidianità.
Adesso dopo l’esperienza delle tentazioni e dopo che Gesù ha manifestato chiaramente la sua missione e la missione di quanti lo vogliono seguire (cfr. Mt 16,21.24-25), eccoci quindi arrivati a una nuova esperienza. È l’esperienza della trasfigurazione, è l’esperienza dell’amore di Dio per ciascuno di noi manifestando la sua gloria e che Gesù, nel Vangelo, fa fare a tre discepoli e oggi, prendendoci per mano, ce lo fa fare anche a noi.
Questa esperienza avviene su un monte, così come accadde per Mosè che salì sul monte Sinai accompagnato da Aronne, Nadab e Abiu, seguiti dagli anziani del popolo (Es 24, 9), Gesù sale con Pietro, Giacomo e Giovanni, gli stessi che vivranno l’ora del Getsemani più da vicino, mentre gli altri resteranno un po’ più distanti dal luogo in cui Gesù pregherà nella sua agonia (Mc 14, 33). Questi discepoli saranno gli stessi che sperimenteranno che non c’è gloria senza croce e di questo sono testimoni per tutti noi.
Quante volte nella vita ci troviamo tra alti e bassi, tra gioia e dolore? Il vangelo della trasfigurazione, ci fa riflettere sia sull'aspetto doloroso, sia su quello luminoso della vita di Gesù.
Occorre che il cristiano viva il duplice aspetto del suo percorso di fede: croce e gloria, con quella certezza che il Signore gli sta accanto sussurrandogli amorevolmente: «non temete».
L’uomo per natura è pauroso. Il cristiano però ha quella marcia in più, anche se è sempre bisognoso di sostegno, non è l'uomo pauroso.
Il cristiano è uomo di luce: un raggio di sole è racchiuso nel suo cuore. Gesù stesso dice: «voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14). E questo lo dimentichiamo, perché siamo come Pietro, ostinati nelle proprie convinzioni e «non pensiamo secondo Dio ma secondo gli uomini» (Mt 16,23). Siamo come Giacomo e Giovanni che con la nostra superbia siamo capaci di distruggere qualsiasi cosa che contrasta il nostro modo di pensare. Ecco per noi il tempo di quaresima, tempo propizio per riscoprire il nostro essere cristiani. Tempo propizio per far brillare su noi quella luce e bellezza seppellita dentro di noi.
In questo tempo particolare della quaresima, il Vangelo si presenta come un fiore che sta per sbocciare della sua bellezza, della sua luce. La Parola di Gesù non fa altro che questo: portare il disgelo nei cuori, risvegliare quella parte luminosa, sorridente, generosa e gioiosa che abbiamo dentro. Ecco perché anche noi, in questa domenica, siamo chiamati a salire sul monte. Nella Bibbia l'alto monte indica il luogo più vicino al cielo, rappresenta la dimora di Dio.
Salire sul monte di Dio, significa aprirsi a una nuova visione di Dio, aprirsi a nuovi orizzonti, aprirsi alla vita, aprirsi all’amore.
In questa domenica lasciamoci prendere per mano da Gesù, Parola eterna del Padre. Con lui saliamo il monte. Ognuno di noi troverà il suo "monte alto", cioé quel luogo ideale per l’ascolto e l’incontro con Dio (Mt 5,1; Mt 14-23a; Is 2,3; Es 24,15-16a) e far ravvivare il suo cuore. 
Incontrare Dio è incontrare la sua bellezza e rimanerne contagiati. Rimanere contagiati non significa costruire tre tende, ma restarne in ascolto dando tempo e cuore a Lui che continuamente desidera parlare al nostro cuore.
Andare con Gesù come fecero Pietro Giacomo e Giovanni è lasciarsi adombrare da quel mistero divino per cogliere qualcosa della Risurrezione. Andare con Gesù significa fare in modo che la nostra vita sia un continuo ascolto della Parola, un divenire trasfigurati, per essere sempre più conformi al progetto d’amore che Dio ha per tutti noi.
Nel Vangelo si nota qualcosa di particolare durante la trasfigurazione: compaiono Mosè ed Elia: la Legge e i Profeti cioè la prima rivelazione divina. Una rivelazione che ha accompagnato ogni credente in Dio per secoli, e che nel tempo era divenuta vita della propria vita.
Ora, però, non è più così. Gesù eterna Parola del Padre è Lui che deve diventare vita della propria vita. Per questo si ode anche la voce del Padre che lo chiama «Figlio mio, l’amato» e ci invita ad ascoltarlo, a seguire Lui!
Pietro però non sa accettare un Messia così, non lo mette al centro della sua vita. Il brano dice: «facciamo tre tende una per te, una per Mosè e una per Elia». Ancora è legato alla vecchia rivelazione, a Mosè. Pietro non accetta che la glorificazione del Messia si realizza attraverso la sofferenza. E noi, ancora oggi, ci troviamo su questa linea di Pietro. La trasfigurazione, infatti, è la rivelazione del significato profondo che la Croce nasconde.
Allora non estasi prolungata che significa scappatoia. Non esiste questo tipo di cristianesimo. Piuttosto sbarazziamoci di quella zavorra che portiamo, di quei pesi o schemi mentali per poter accogliere, ascoltare la voce di Gesù e scendere nel quotidiano lasciandoci condurre da Lui fuori, per vivere la bellezza di Dio amore scoprendola nel volto del fratello, nel volto della sorella, nei volti sofferenti, nei volti da amare, nei volti da rispettare perché in quel volto vi è il volto di Dio.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!





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