giovedì 23 marzo 2023

V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)

USCIAMO DAI NOSTRI SEPOLCRI


Siamo verso la conclusione dell'itinerario quaresimale e questa domenica, V di quaresima, il Signore, prima di entrare nella più grande delle settimane: la Settimana Santa, ci chiama a rinnovare il nostro impegno di conversione, a venir fuori dai nostri sepolcri.
La Liturgia di questa domenica si sofferma sulla risurrezione di Lazzaro, un anticipo di quello che accadrà tra qualche settimana, un segno portentoso che rivela Gesù signore della vita e della morte.
Quindi, dinanzi a questo evento, segno e anticipo della vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte e del suo dono alla pienezza di vita, tutti noi siamo ancora nelle nostre case, bendati, chiusi, infermi e il messaggio che scaturisce dal Vangelo, ci permette di scoprire le nostre chiusure mentali e il morto che è in noi e che ha bisogno di uscire dal proprio sepolcro per incontrarsi con il Signore della vita.
Il brano del Vangelo inizia con Gesù che si trova faccia a faccia con l'amicizia e la morte, l'amore e il dolore.
Quante volte, nella nostra vita, ci ritroviamo in queste situazioni così umanamente piene? Quante volte fremiamo, piangiamo, ci commoviamo di fronte alla morte di una persona che amiamo?
Anche Gesù lo troviamo in questa situazione e nessun'altra pagina di Vangelo ce lo descrive così. Tutti infatti, nasciamo, ci ammaliamo, moriamo, etc. Il cristianesimo non è un’assicurazione sulla vita, non ci tiene fuori dai guai. Abbiamo bisogno di cambiare il nostro orizzonte, di scoprire che la morte è una sorella (così come diceva san Francesco), che è un’apertura a una nuova dimensione più alta di noi. Ecco perché nel Vangelo Gesù ci invita a superare questo “status quo” per poter accogliere le sue parole: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?».
Credere... quale fatica del cuore, quanta fatica ad entrare nella logica di Dio. Eppure, è questa logica che è messa sotto i nostri occhi (vedi il cieco nato). Siamo ancora ciechi; siamo come Betania legati al passato, alla tradizione e guai a toccarla! Guai a toccare a quel “si è fatto sempre così!”. Lo notiamo già nel Vangelo e Gesù non vuole avere a che fare con questo modo di agire, tanto è vero che non entra nel Villaggio. Egli usa una pedagogia particolare che resterà in contrasto con i fondamentalisti, con quelli dal cuore indurito e dalla dura cervice, anzi proprio questi saranno quelli che lo metteranno a morte, anche oggi.
Anche nel nostro piccolo ci comportiamo così. Pii e devoti e poi se qualcuno non ci piace, non rientra più nei nostri following (per usare un’espressione secondo il mondo dei social).
Gesù, però, chiama tutti alla vita liberandoci non solo dalla morte fisica ma anche spirituale. Non una morte da attendere in un futuro, ma nel presente dove la nostra vita spesso si presenta spenta, immobile, piena di non senso, di disamore cioè di quella malattia spirituale che ci fa morire dentro.
Gesù ci libera da questo per una vita capace di superare la morte. Chi crede questo è già risorto in Cristo, è nella vita eterna.
Oggi il Signore ci chiama ad uscire dal nostro sepolcro, perché non siamo soli. Lui ci ama. Ci invita ad uscire da un sepolcro costruito da quelle incertezze della vita, un sepolcro buio, umido, chiuso. Un sepolcro dove una pietra è sempre messa a ridosso, simbolo di un cuore indurito, chiuso nell'abisso del nulla.
Nel sepolcro non ci sta solo Lazzaro, così come si evince letteralmente dal Vangelo, purtroppo ci sta anche il resto della famiglia, quella famiglia che stenta a credere... quella famiglia che pensa ad una morte “il più tardi possibile” e invece è già morta dentro!
Tutti abbiamo bisogno di credere e di amare per poter venire fuori dalle incertezze, dai dubbi, dalla morte.
Dobbiamo smuovere la pietra posta nel nostro sepolcro per poter gridare «felice colpa che meritò di avere un così grande Redentore!», smuovere quella pietra per far entrare la luce della Pasqua.
Fuori dal sepolcro troveremo, insieme a Cristo Risorto, tante altre persone che ci amano. Sono le stesse che ci hanno accompagnato, che hanno pianto, pregato. È l'amore che ci accompagna non al sepolcro, non alla sepoltura ma alla vita eterna.
Un bellissimo cantico ci ricorda che «forte come la morte è l'amore» (Ct 8,6). Dio è innamorato dei suoi amici e non li lascerà mai in potere della morte. L’amore del Cristo libera, perché la morte non potrà mai trattenere l’amore. Quindi, il vero nemico della morte non è la vita, ma l'amore. Anche noi, come Lazzaro, siamo chiamati a questo grande passaggio dalla morte alla vita e questo è reso possibile da quella capacità di amare concretamente, ogni giorno, sconfiggendo la morte, perché risorti con Cristo.
In questa domenica come Marta rinnoviamo la nostra fede gridando di essere liberati da quel sepolcro che ci ha reso chiusi, ciechi, morti. Tutti abbiamo bisogno di dare un senso nuovo a quanto ogni giorno tentiamo di seppellire con noi stessi.
Allora veniamo fuori, veniamo alla vita, togliamo quella pietra e confessiamo la nostra fede, riscoprendoci amati e annunciamo con gioia la speranza della vita eterna.
 
Buona Domenica nel Signore a tutti voi!





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