EMMAUS: DA UNA VITA FERMA A UNA VITA RISORTA
Siamo giunti alla Terza Domenica di Pasqua, stiamo ancora vivendo i giorni della Pasqua o come dice l’Evangelista: siamo nello stesso giorno, quasi che la vita si sia fermata in quel medesimo giorno. Infatti, con la narrazione del brano dei discepoli di Emmaus, Dio continua a percorrere la via dei dubbi e della tristezza.
La direzione intrapresa da due discepoli è la nostra stessa direzione. Tutti ci ritroviamo lungo la via lasciando dietro ciò che era di un evento straordinario, guidato da un Uomo straordinario: Gesù. Purtroppo, tutto si è spento al termine della sua vita senza aver capito la realtà dei fatti, anche ne discutono appassionatamente, quasi a litigare tra loro per capirci qualcosa. Ma tutto rimane oscuro alla loro vita.
Un po’ come noi: viviamo tradizionalmente questi momenti liturgici, come se fossero cronache di un giornale e poi non cogliamo il senso spirituale da vivere nella nostra vita.
Quindi è importanti chiedersi se dopo aver celebrato la Pasqua del Signore se siamo fermi ai piedi della croce, davanti al Crocifisso o in fuga da una vita sempre più complicata, piena di cose che non funzionano, con un piccolo spiraglio della fede e poi tutto buio?
In queste domande sì, riconosciamo che Gesù è risorto ma la mia vita non è cambiata, anzi sembra una disgrazia dopo l’altra.
Questo è quello che hanno sperimentato quei viandanti verso Emmaus: una vita non cambiata, ferma al dolore e allo sconforto. Una vita che si allontana da Dio perché non ha coniugato fede e vita.
Trovare risposta non è semplice se non facciamo esperienza con il Risorto; se non prendiamo coscienza che Gesù non è risorto per se ma per tutti noi, se non ci lasciamo guidare dalla sua Parola nella vita di tutti i giorni.
In questo contesto si fa vicino il Risorto con quella tenerezza che ha una mamma quando vede che nei figli c’è qualcosa che non va.
Sì, cari miei, proprio così, anche se facciamo fatica a capire che il Signore è presente quando la vita non va, Egli teneramente ci chiede, pur conoscendo, che cosa sta succedendo. Chi ascolta la Sua voce, come un bimbo triste fa il resoconto dei fatti, così come fanno questi due discepoli nel Vangelo aggiungendo anche una nota stonata: «noi speravamo…».
Quante volte quest'espressione in noi ogni qualvolta una delusione, una tristezza e in quel momento, come i discepoli di Emmaus, decliniamo la speranza al passato quando invece dimentichiamo che è un verbo del futuro. Ecco perché Gesù, in quel momento, come una cara e tenera mamma ascolta tutto questo, compreso le nostre lamentele su di lui, mentre noi non ci accorgiamo della sua presenza accanto a noi, che si fa viandante nel buio della nostra esistenza perché non vuole lasciarci soli, desidera che la nostra vita sia trasformata dalla luce Pasquale. Per questo, in quel momento, ci molla “un ceffone”: «stolti e tardi di cuore nel credere». Un’espressione che indica un cuore lento, stanco, che indica la sclerosi del cuore e per questo non capiamo. E tutto questo succede perché facilmente leggiamo quanto accade alla nostra vita con la moda mondana e non alla luce del Vangelo, quasi a classificare e orientare la nostra stessa vita in base se va bene oppure male.
Per questo occorre accogliere Gesù come compagno lungo la via, nella nostra vita, nella nostra storia. Lasciare che Lui spieghi le Scritture perché illumini la nostra esistenza.
Alle volte ci crediamo di essere arrivati, di essere veri credenti, solo per il fatto di essere grandi divoratori di Eucarestie, suppliche, ritiri e quant'altro possa fare bene alla nostra anima. E invece sappiamo tutto e non abbiamo capito niente. Abbiamo veramente bisogno di incontrare il Signore, di obbedire alla sua Parola: ascoltarla, farla nostra per essere trasformati dalla luce della Sua Pasqua, per rendersi conto che Lui non è un liberatore qualsiasi, ma Colui che mi ha liberato, mi ha salvato dal peccato e dalla morte insieme a tutta l'umanità.
Ora questa Parola ascoltata mi conduce a spezzare il pane perché possano cadere le cataratte. Noi spesso a Messa entriamo in qualsiasi momento e ci prendiamo l’Eucarestia come se fossimo davanti a un distributore automatico. È sbagliato!!!
Bisogna vivere l'Eucarestia dall’inizio per ritrovare la vista perduta. I nostri occhi saranno sempre chiusi come quelli del cieco e il nostro cuore sarà sciocco e lento, se facciamo le cose a metà, se non ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio.
Questo è quello che fa il Signore in ogni celebrazione Eucaristica: spiega le Scritture e spezza il Pane per tutti noi. È questo quello che riempie di entusiasmo; è questo quello che ci porta lungo la via, non con il volto triste, ma pieni di gioia perché siamo risorti con Gesù.
Emmaus ci fa battere ancora una volta il petto perché siamo deficitari, ci manca qualcosa, ci manca lo sguardo di Dio sulla realtà, sulla nostra vita, sulle nostre relazioni, sulle nostre paure, sulle nostre incertezze e malattie spirituali. Manca.
Preghiamo allora il Signore perché metta nel nostro cuore ciò che è suo e tolga ciò che è nostro; perché ci aiuti ad avere il suo sguardo nella realtà che ci circonda e non il nostro; a riconoscerlo nella Parola, nello spezzare il Pane e nell’annuncio perché possa supplire alla nostra deficienza e vivere da risorti.
Buona Domenica nel Signore a tutti voi!
immagine: http://paolaserra97.blogspot.com/2014/03/i-discepoli-di-emmaus-prima-parte.html