giovedì 18 maggio 2023

ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO A)

ASCENSIONE: IL DIO CON NOI

 
«I giorni intercorsi tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione non sono passati inutilmente, ma in essi sono stati confermati grandi misteri e sono state rivelate grandi verità»
, così si esprimeva san Leone Magno in un suo discorso sull’Ascensione.  
Abitualmente pensiamo l’Ascensione del Signore come una sua dipartita. Quando in famiglia ci sta una dipartita di un nostro caro, non stiamo a festeggiare nulla perché in noi si è creato un vuoto e vorremmo che non fosse mai successo. La stessa cosa è con Gesù. Lo vorremmo sempre vivo in mezzo a noi, nelle nostre storie e vicissitudini. Però non è così. L'Ascensione di Gesù non segna un distacco, ma lo rafforza con la venuta del secondo Paraclito e dalla gioia con cui ogni credente deve vivere e testimoniare (cfr. Salmo responsoriale).
Oggi è una grande solennità che spiazza tutti. Senza questa festa, oggi non capiremmo nulla della Pasqua e nulla della Pentecoste che celebreremo domenica prossima. Queste celebrazioni ci danno quella certezza che il Signore Gesù è realmente nato, che patì e morì ed è veramente risorto. Quindi è una festa del credente maturo nella fede, che riscopre la presenza viva di Gesù e il suo relazionarsi con tutti noi nella nostra quotidianità.
Allora, anche se tutta la Liturgia di questa domenica ci fa alzare lo sguardo, Gesù fidandosi di ciascuno di noi, ci invita a camminare nella speranza, “quella speranza che è il presente del nostro futuro” (San Tommaso d’Aquino). Paolo scrivendo agli Efesini (II lettura) mette l'accento su un augurio destinato ad ogni credente in Cristo, di ogni epoca, di ogni storia: «il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati»; augurio ripreso dalla stessa preghiera di Colletta della Celebrazione eucaristica.
Celebrare l'Ascensione del Signore non deve essere solo intriso di quel “colore tradizionale” che troviamo di paese in paese, ma è quell'immergersi nel cielo di Dio, quell'accogliere nella vita di tutti i giorni il Signore asceso, speranza ed eredità nostra. Significa: essere discepolo di Cristo comunicando il volto di Dio. Da qui possiamo capire che l'Ascensione del Signore segna il tempo della Chiesa in uscita delineandone il senso e la missione: continuare l'opera di Gesù. Non una devozione ma un vivere lo stesso amore che ebbe Cristo Gesù per noi, aprendo nuovi orizzonti, perché solo con occhi nuovi si può pensare e parlare di Chiesa in uscita, diversamente saremo sempre col nasino all'insù.
È da un po’ che sentiamo dire “Chiesa in uscita”. In uscita sì, ma verso dove? L’evangelista Matteo sottolinea che i discepoli hanno un grande appuntamento col Risorto in Galilea, cioè nella vita di ogni giorno, quella vita intrisa di relazioni, di gioie, di dolori, di solitudini, di angosce e fatica del vivere quotidiano. Il Vangelo è una continua itineranza nella vita, dove l’umanità va incontrata così come è: e tante sono le situazioni che si possono incontrare. Ma c'è un'altra fatica di cui si parla: salire il monte. Salire sul monte significa poter aver accesso alla divinità o avere la condizione divina. In Matteo, il monte è quello delle beatitudini, dove Gesù ha detto la Parola (cfr. Mt 5,1). Ciò vuol dire che il Signore lo incontriamo ascoltando la sua Parola e non solo. Nel libro dei Salmi troviamo il Salmista che prega così: «Chi salirà la montagna del Signore?» (Sal 23,3). Egli ci fa capire che solo l'uomo dal cuore puro riuscirà a valicare la montagna del Signore. L'uomo che lasciandosi plasmare dalla Parola di Dio e la vive ogni giorno. Le fatiche però non vengono eliminate, perché la fede si scontra anche con il dubbio. Ricordiamoci però che il dubbio cammina sempre nella strada della fede, è il trampolino di lancio perché impariamo a cedere il passo all’Amore. Allora non ci sarà nessun perché ma solo la bellezza di Dio amore. Ecco perché necessitiamo di nutrirci della Parola di Dio, perché una volta ascoltata diventi vita della mia vita, allora salirò la montagna del Signore, allora sarò abilitato all'amore. Ed ecco che il mandato di Gesù acquista senso perché raggiunti dallo spirito del Risorto, dal vivere di Lui: siamo diventati volto di Dio per gli altri e possiamo immergerli nella nostra stessa esperienza del grande mistero d'amore di Dio.
Questo è il compito di ogni credente: comunicare l'amore, essere amore, essere dono per l'altro. E per farlo Gesù stesso ci mette in movimento: “andate”, cioè muoversi, di non restare bloccati nella vita ma avere quel coraggio di trasmettere la fede, nonostante i nostri limiti, i nostri peccati. E poi ancora “battezzate”, cioè immergete l’altro in una esperienza di comunione, la stessa che intercorre tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È far vedere con la propria vita la bellezza di Dio amore, insegnando, cioè a “segnare dentro” con la nostra vita, entrare nel cuore dell’altro senza nessuna paura di testimoniare i segni che Gesù stesso ha fatto in mezzo a noi. Inoltre, ad “osservare i comandamenti”, cioè a manifestare nella vita dell’uomo la presenza dell’amore di Dio stesso. E in quest'amore che Gesù è presente, perché è l'Emmanuele, il Dio con noi (Mt 1,23) e rimarrà con noi per sempre, fino alla fine del mondo.
Allora l’Ascensione non è una questione di tradizioni popolari, ne un alzare gli occhi verso l’alto ma un alzare solo il cuore perché il Signore continui a riempirlo del suo amore, perché ognuno di noi si scopra amato da Lui, capace di amare per aiutare ogni uomo a vivere secondo il progetto d’amore, lo stesso progetto che ci ha rivelato Cristo Gesù.

Buona festa dell'Ascensione a tutti voi!





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