giovedì 5 ottobre 2023

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

UVA O ACINI ACERBI?


Ancora una parabola con vari personaggi: un uomo, un terreno, una vigna, i contadini, i servi, il figlio... tanti personaggi per continuare a parlare di Dio amore, un amore che continua nella storia e nel tempo. È il canto della vigna declamata dal profeta Isaia nella prima lettura. È il canto d'amore di Dio per ciascuno di noi, di un Dio che ha passione per l'uomo nonostante l'infedeltà.
Vien facile nella vita cristiana scontrarsi con l'essere fedeli. Questa domenica ci scontriamo con una fedeltà che non si prova con una religiosità convenzionale e formalistica, come quella delle autorità religiose ebraiche, ma con un sereno abbandono ai mirabili insegnamenti di Colui che non è solo il Maestro, ma il Figlio stesso del Signore della vigna: il suo Erede.
La parabola, pur difficile, è un invito a tornare ad attaccarci alla vite: a Gesù Cristo. La Parola di oggi interessa molto la fede in Gesù Cristo e l'accettazione della sua Parola. Se tutto ciò non sarà saremo come quella vigna ripudiata, arida, secca che non darà mai i suoi frutti: «ogni tralcio che in me non porta frutto sarà potato e, se ancora non porta frutto, sarà reciso» (Gv 15,2ss). Tutto ciò che è attaccamento alle cose, quella bramosia del potere, del successo non darà mai frutto ma genererà solo oppressione, sangue, ingiustizia, fuga disperata, naufraghi e stragi continue. Si ripeterà l'uccisione dell'erede!
La nostra vita di ogni giorno si scontra con questa realtà piena di deliri di onnipotenza ma è “tutto fumo e niente arrosto”, siamo convinti che stiamo percorrendo la strada giusta per ottenere chissà che cosa, e invece rischiamo di perdere la nostra stessa vita. Per questo il Signore non sta a guardare e per mezzo del suo profeta interroga: «Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?» (Is 5,4).
Come possiamo osservare l'amore di Dio continua ad essere presente nella nostra vita, anche se la nostra vita non è capace di interrogarsi, non è capace di ascolto nonostante la nostra fatica. Qui la pazienza di Dio: «Ascoltate un'altra parabola» (Mt 21,33).
È pressante quest'invito all’ascolto, mi fa pensare proprio alla nostra religiosità convenzionale, asettica, che non porta frutto; perché il nostro orecchio non ascolta ma sente e ci sta una bella differenza tra ascoltare e sentire. L'ascolto implica una obbedienza mentre il sentire è pieno di suoni, rumori. E si vede bene dal proseguo del brano che raccoglie un clima di amarezza e di violenza. Abbiamo bisogno di riattivare il battesimo ricevuto ma che abbiamo dimenticato o celebrato solo sotto il riflettore della festa o del regalo fermandoci solamente a una mera tradizione che non conduce da nessuna parte.
Quindi la vigna di cui si parla siamo noi stessi che nella Liturgia è identificata con la “casa d’Israele” (Is 5,7). Questo sta a indicare la Presenza di Dio in noi, dentro la propria storia, individuale e collettiva. Ognuno di noi è tenuto a coltivarla questa vigna, a farla fruttificare. Questo non è un compito che richiede una delega, perché tutti dobbiamo costruire la civiltà dell'amore. È ora di smetterla di giocare a scarica barile aspettando i sacerdoti, i religiosi o un'assistente spirituale per proseguire nella semina e nella cura della vigna.
In questa domenica, ci viene ricordato che questa presenza di Dio in noi, senza accorgerci, la stiamo uccidendo con il nostro egoismo ed individualismo sfrenato, con la nostra falsa religiosità e continuiamo invece ad assistere ai vari drammi della vita di ogni giorno con un senso di precarietà e smarrimento dal più piccolo al più grande. Stiamo assistendo sempre più a fatti che non hanno sapore della vita trinitaria. Siamo davanti a persone che si mettono al posto di Dio eliminando il vero Dio con una ideologia contro la famiglia, contro la vita e attaccandosi a una spiritualità fatta di oroscopi, cartomanti, maghi fino ad attaccare la Chiesa, i sacerdoti e anche i cristiani.
Questa parabola ai nostri giorni è ancora attuale. Gli scribi non sono solo quelli del Vangelo ma quanti incontriamo nella quotidianità, in questa epoca che ha travolto l’umano, un’epoca in cui molti fanno una fede su misura, quanti fanno una fede “fai da te”, quanti si sentono orgogliosi del loro operato, quanti pensano di avere la fede in tasca ma non cercano Dio ma se stessi.
Per fortuna Gesù conclude in maniera positiva tutto questo: l'amore di Dio non avrà mai fine e invita a ripensare a questa Parola di vita. Portiamola nel cuore e nella vita. Dio è più forte della nostra infedeltà, del nostro tradimento. Non sarà il nostro peccato, il nostro tradimento, il nostro progressivo assottigliarci, la nostra incapacità a fermare il suo progetto di salvezza per ottenere una vigna generosa di frutti di amore, di pace e di bene di cui la nostra Società ha tanto bisogno, anche a costo di “affidare ad altri la sua vigna”!
Torniamo allora ad essere veri cercatori di Dio, cristiani coraggiosi con veri valori cristiani nella vigna di ogni giorno: famiglia, scuola, lavoro, per strada. Scopriamo meglio Gesù Cristo come pietra angolare della nostra vita non scartiamolo ma professiamo ogni giorno insieme al Salmista: “da te mai più ci allontaneremo”.
Diventiamo buoni amministratori del proprio battesimo anche mettendoci in discussione e portando, con coraggio, non frutti rossi di sangue e amari di tristezza ma frutti abbondanti per la vita eterna.
 
Buona domenica nel Signore a tutti voi!