giovedì 1 febbraio 2024

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

GUARITI PER SERVIRE


Domenica scorsa abbiamo ascoltato la narrazione della guarigione dell’uomo dallo spirito impuro nella sinagoga di Cafarnao. Oggi, in questa V domenica del Tempo Ordinario, ci troviamo nella medesima cittadina, e la Parola di Dio continua a primeggiare sul male perché dove nei cuori sta la Parola di Dio per il male non c’è spazio. Ecco l’annuncio di Gesù fatto non nei luoghi di potere ma nei luoghi della sofferenza. Per questo siamo invitati a cambiare il nostro cuore all’interno della nostra Comunità.
Oggi entriamo nella casa di Simone e Andrea, facendo questo passaggio dalla sinagoga alla casa, dal luogo del culto al luogo della catechesi. Marco evidenzia che tutte e due i luoghi vivono una fede ingabbiata, ammalata. Del resto, Gesù è venuto per gli ammalati e non per i sani (Mc 2,17).
Anche nella casa di Simone e Andrea avviene una guarigione: quella della suocera di Pietro. E poi col calare della sera, molti altri malati e indemoniati gli vengono condotti ed egli li guarisce.
Quante guarigioni il Signore opera. Ma esse non sono uno spettacolo e motivo per andargli dietro. Sono la rivelazione della sua misericordia, sono i segni che compie per renderci uomini e donne liberi. L’Evangelista, infatti, non fa altro che darci quello sprone giusto per farci uscire da quelle malattie che ci legano a letto. Noi veniamo guariti per servire e non per restare fossilizzati sui nostri mali.
Quante malattie, ancora oggi, nella nostra ferialità, continuano a legarci a letto? Forse non la chiediamo questa guarigione? Forse ci piace restare così? Sono veramente tante le nostre malattie, magari non ce ne rendiamo conto, pensiamo di essere a posto e invece tutti, chi più e chi meno abbiamo bisogno di essere guariti. Ecco l’episodio dentro una casa, che nel linguaggio simbolico indica la Comunità cristiana, la Chiesa. Proprio in questa Chiesa è presente una malattia che Gesù vuole curare. Gesù entra nella casa perché il male va curato anzitutto all’interno della Comunità cristiana e poi nel mondo intero. Se non si è guariti dentro non si può pretendere di guarire fuori. Occorre convertirsi a questo modo di pensare. Per essere discepoli di Gesù bisogna convertirsi lasciando che Gesù guarisca il nostro ego. Tutti siamo chiamati ad entrare in una dimensione della vita che inizia dalla Parola di Dio che guarisce, che sana interiormente, quella Parola che ti tende una mano e ti solleva. Dobbiamo essere coscienti nella nostra vita che ci sta la mano di Dio tesa verso di noi, ma soprattutto che tutti ci troviamo prostrati da tanti mali, che tutti siamo sotto lo sguardo amorevole e curativo di Dio (cfr. Sal 8,5-6). A noi basta tendere la mano verso di Lui se vogliamo guarire e servire. Sì, guarire per servire. “La guarigione conduce a quella diaconia che segna l’intera esistenza cristiana perché ha segnato quella di Gesù, il servo che è a servizio di chi serve” (Goffredo Boselli). E fin quando non prenderemo coscienza di questo, fin quando guarderemo come ceto sociale, fin quando diremo che il servizio, pur umile che sia, non ci appartiene noi non saremo mai guariti, resteremo ancorati a letto.
Guardiamo a questo Dio malato per l’uomo sofferente. Tendiamo quella mano, cioè preghiamo. Gesù stesso ci è di esempio nella preghiera. Egli ci dice che la preghiera è alla base di ogni relazione, perché ci aiuterà a disporci nei migliori dei modi nell’accostarci al fratello in necessità. La preghiera è quel momento in cui stacchiamo dal ritmo della nostra vita e ci mettiamo davanti a Dio, per portare a Lui la nostra giornata, il nostro peso, la nostra vita e poi accogliere nel silenzio profondo del nostro cuore, la sua risposta. Chi non prega è ammalato, ha la febbre! E quanta poca contemplazione nella nostra società! Quanta poca attenzione all'essere profondo di ciascuno di noi! Come possiamo pretendere di incontrare la felicità se, imperterriti, navighiamo nella superficialità dei nostri impegni senza tuffarci nelle profondità del Mistero che ci abita?
Qualcuno potrebbe dire: non ho scelto una vita dedita alla preghiera. Certo, quella la vediamo molto nei monasteri o nei luoghi di vita consacrata. Ma anche la famiglia è un luogo di vita consacrata e non di continui litigi. La verità è che noi cristiani preghiamo veramente poco. Dobbiamo ammetterlo assomigliamo a Pietro che non gli importa della preghiera ma di avere in pugno Gesù per adattarlo ai propri schemi. Pietro è uno di quei discepoli che ancora non sono curati dalla febbre, non ha capito che così non funziona con Gesù!
La preghiera non può essere di secondo ordine. Cercare Gesù, andare da Gesù significa cercare i suoi desideri, che poi è il fine della vita di ogni discepolo: “di te ha detto il mio cuore: cercate il suo volto” (Sal 27,8). Certo, se cerchiamo il successo, il prestigio, la nostra sarà ricerca egoistica e non guariremo mai, avremo una fede ingabbiata nel proprio male. Ecco il ripetersi della tentazione: cercare il proprio io. Questo è il male radicale di tutti noi che cerchiamo il nostro io! Invece di cercare Dio e il suo Regno. Tutti abbiamo bisogno di fare un passaggio: dall’io a Dio. E dinanzi a questo non esistono scuse ma solo dei sani interrogativi della fede per discernere se siamo abituati a stare con Dio, perché nessuna scusa è sufficiente a farci perdere la serenità dell'incontro con Dio.
Diamo allora la giusta importanza alla preghiera, a questo slancio del cuore come amava dire S. Teresa di Lisieux. Mettiamo il nostro cuore nel cuore di Gesù, facendo sì che la nostra preghiera assuma valore in ogni istante della nostra vita. Allora possiamo osare, andare con Gesù a predicare il Vangelo della Misericordia e dell’amore.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!