VIVERE CON AUDACIA LA FEDE
Anche questa
domenica ci ritroviamo a riflettere sulla nostra fede, sulla fiducia in Dio. Domenica
scorsa abbiamo detto al Signore, nei momenti di tempesta della nostra vita, che
non gli importa nulla della nostra vita e il Signore rispose: “perché avete
paura? Non avete ancora la fede?”.
Questa domenica è Gesù stesso a dirci come dobbiamo avere fiducia in Dio, anche quando tutto sembra perso.
Davanti abbiamo una pagina piena di dolore: una fanciulla che è agli estremi della vita e una donna che perde sangue da dodici anni. È il mistero della sofferenza che porta in noi uno squilibrio della nostra armonia interiore, quindi non un fatto di cronaca o di miracoli. Questi sono episodi che toccano i nostri giorni, che toccano la nostra vita e che spesso ci tolgono la speranza e ancora una volta Gesù ci dice: «Non temere, soltanto abbi fede». Occorre infatti «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18), che “non si regge su ragionamenti, previsioni e rassicurazioni umane; si manifesta là dove non c’è più speranza, dove non c’è più niente in cui sperare” (Papa Francesco).
La sofferenza, lo ricordiamo, è parte integrante della nostra natura. Noi con essa esprimiamo qualcosa che abbiamo o stiamo sperimentando e che a causa di questo dolore smettiamo di partecipare a un “bene”.
Nella pagina evangelica odierna Gesù è immerso in questo dramma della vita, a un dolore pieno, compiuto così come indicano gli anni sia dell’emorroissa che della fanciulla. Ecco, Gesù immerso in questo dolore, non si ferma mai dinanzi alla vita, non sorvola (come spesso facciamo noi) anzi entra dentro il mistero dell'uomo. Egli, infatti, conosce le nostre sofferenze. Ha assunto la nostra sofferenza. Non solo: ci ha redento dal male e dalla sofferenza.
Forse faremo sempre fatica a comprenderlo, per questo mettiamo sempre in discussione la fede, come se noi stessimo seguendo un insegnamento o una dottrina. Il cristiano segue Cristo Gesù che ci ha amati e si è donato sulla Croce per noi.
L’Evangelista ci dice che l’amore del Signore, la salvezza, arriva a noi attraverso il tocco. La donna dopo aver toccato le vesti di Gesù si sentì guarita dal male.
Gesù avverte
un miracolo strappato e cerca chi desidera rinascere, chi desidera vivere in
piena libertà. Cerca chi vuole vivere veramente la sua fede, cerca chi in lui
vuole la salvezza e vivere da salvato.
Questa donna riesce a fermare Gesù. Ella è considerata socialmente uno scarto ma riesce ugualmente ad avere un contatto con Gesù, lo cerca profondamente. Toccare e credere, due verbi per vivere con audacia la fede, quella fede che sa osare, che supera le regole della purezza legale, che supera tutte quelle censure, tutte le condanne, tutte le paure.
La stessa audacia la troviamo nel grido di un padre per la propria figlia che sa oltrepassare il limite estremo della morte. Egli tenta l’impossibile per salvarla. Si getta ai piedi di Gesù per chiedere il dono della salvezza, il dono della vita. Quanta tenerezza e dolcezza nel cuore di quest’uomo per salvare la figlia.
Ma qualcuno interrompe, qualcuno che ha una falsa immagine di Dio dice di “non importunare più il Maestro”.
Quante volte nella nostra vita interrompiamo l’incontro con il Signore? Quante volte nella nostra vita contempliamo una falsa immagine di Dio? Quante volte anche noi perdiamo vita nelle relazioni, nelle scelte sbagliate? Anche noi soffriamo di emorragia interiore fino a perdere tutto, fino a ritrovarci intoccabili perché non abbiamo più nulla.
Gesù però insegna ad avere uno sguardo libero e liberante e ci fa capire che la fede è destinata a pochi. Ci fa capire che chi non cerca quest’incontro personale, forte, con Lui è fuori: “egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina”.
Ecco che si ricompone la famiglia nel segno della fede. Senza la fede la famiglia è sfasciata, è divisa e lo vediamo ai nostri giorni.
Anche qui si ripete il gesto del toccare e grazie alla nuda fede dei genitori che possono riavere la figlia salva e viva.
Chiediamoci: quale vita di fede oggi? Quale fede nella fossa di morte oggi? L’estate magari ci fa’ vivere in ozio, ci fa mandare la fede in vacanza. Eppure, l’estate è un tempo che ci permette di occuparci delle nostre emorragie, di risvegliare la nostra fede, di rafforzare i muscoli dell’anima. Questo è un tempo propizio per essere toccati da Cristo, per essere trasformati dalla sua energia. Apriamo allora il nostro cuore a Cristo Gesù, perché possiamo essere toccati e sanati da Lui, dal suo amore.
Preghiamo. Non abbandoniamo la preghiera. Essa è essenziale alla nostra vita di credenti. Sia nostra, come un abito da indossare e noi pregando lasciamo respirare la nostra fede.
Lasciamo quest’oggi che la Parola di Dio ci legga dentro, ci scavi dentro perché anche la nostra vita possa essere sanata da quelle emorragie che la soffocano.
Non abbiamo paura di vivere un incontro personale con Gesù, Lui è più grande delle nostre ferite, delle nostre infermità, del nostro peccato; lasciamoci sollevare da quelle situazioni di morte e iniziamo anche noi a vivere pienamente in novità di vita.
Questa domenica è Gesù stesso a dirci come dobbiamo avere fiducia in Dio, anche quando tutto sembra perso.
Davanti abbiamo una pagina piena di dolore: una fanciulla che è agli estremi della vita e una donna che perde sangue da dodici anni. È il mistero della sofferenza che porta in noi uno squilibrio della nostra armonia interiore, quindi non un fatto di cronaca o di miracoli. Questi sono episodi che toccano i nostri giorni, che toccano la nostra vita e che spesso ci tolgono la speranza e ancora una volta Gesù ci dice: «Non temere, soltanto abbi fede». Occorre infatti «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18), che “non si regge su ragionamenti, previsioni e rassicurazioni umane; si manifesta là dove non c’è più speranza, dove non c’è più niente in cui sperare” (Papa Francesco).
La sofferenza, lo ricordiamo, è parte integrante della nostra natura. Noi con essa esprimiamo qualcosa che abbiamo o stiamo sperimentando e che a causa di questo dolore smettiamo di partecipare a un “bene”.
Nella pagina evangelica odierna Gesù è immerso in questo dramma della vita, a un dolore pieno, compiuto così come indicano gli anni sia dell’emorroissa che della fanciulla. Ecco, Gesù immerso in questo dolore, non si ferma mai dinanzi alla vita, non sorvola (come spesso facciamo noi) anzi entra dentro il mistero dell'uomo. Egli, infatti, conosce le nostre sofferenze. Ha assunto la nostra sofferenza. Non solo: ci ha redento dal male e dalla sofferenza.
Forse faremo sempre fatica a comprenderlo, per questo mettiamo sempre in discussione la fede, come se noi stessimo seguendo un insegnamento o una dottrina. Il cristiano segue Cristo Gesù che ci ha amati e si è donato sulla Croce per noi.
L’Evangelista ci dice che l’amore del Signore, la salvezza, arriva a noi attraverso il tocco. La donna dopo aver toccato le vesti di Gesù si sentì guarita dal male.
Questa donna riesce a fermare Gesù. Ella è considerata socialmente uno scarto ma riesce ugualmente ad avere un contatto con Gesù, lo cerca profondamente. Toccare e credere, due verbi per vivere con audacia la fede, quella fede che sa osare, che supera le regole della purezza legale, che supera tutte quelle censure, tutte le condanne, tutte le paure.
La stessa audacia la troviamo nel grido di un padre per la propria figlia che sa oltrepassare il limite estremo della morte. Egli tenta l’impossibile per salvarla. Si getta ai piedi di Gesù per chiedere il dono della salvezza, il dono della vita. Quanta tenerezza e dolcezza nel cuore di quest’uomo per salvare la figlia.
Ma qualcuno interrompe, qualcuno che ha una falsa immagine di Dio dice di “non importunare più il Maestro”.
Quante volte nella nostra vita interrompiamo l’incontro con il Signore? Quante volte nella nostra vita contempliamo una falsa immagine di Dio? Quante volte anche noi perdiamo vita nelle relazioni, nelle scelte sbagliate? Anche noi soffriamo di emorragia interiore fino a perdere tutto, fino a ritrovarci intoccabili perché non abbiamo più nulla.
Gesù però insegna ad avere uno sguardo libero e liberante e ci fa capire che la fede è destinata a pochi. Ci fa capire che chi non cerca quest’incontro personale, forte, con Lui è fuori: “egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina”.
Ecco che si ricompone la famiglia nel segno della fede. Senza la fede la famiglia è sfasciata, è divisa e lo vediamo ai nostri giorni.
Anche qui si ripete il gesto del toccare e grazie alla nuda fede dei genitori che possono riavere la figlia salva e viva.
Chiediamoci: quale vita di fede oggi? Quale fede nella fossa di morte oggi? L’estate magari ci fa’ vivere in ozio, ci fa mandare la fede in vacanza. Eppure, l’estate è un tempo che ci permette di occuparci delle nostre emorragie, di risvegliare la nostra fede, di rafforzare i muscoli dell’anima. Questo è un tempo propizio per essere toccati da Cristo, per essere trasformati dalla sua energia. Apriamo allora il nostro cuore a Cristo Gesù, perché possiamo essere toccati e sanati da Lui, dal suo amore.
Preghiamo. Non abbandoniamo la preghiera. Essa è essenziale alla nostra vita di credenti. Sia nostra, come un abito da indossare e noi pregando lasciamo respirare la nostra fede.
Lasciamo quest’oggi che la Parola di Dio ci legga dentro, ci scavi dentro perché anche la nostra vita possa essere sanata da quelle emorragie che la soffocano.
Non abbiamo paura di vivere un incontro personale con Gesù, Lui è più grande delle nostre ferite, delle nostre infermità, del nostro peccato; lasciamoci sollevare da quelle situazioni di morte e iniziamo anche noi a vivere pienamente in novità di vita.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!
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