mercoledì 3 luglio 2024

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

APRIRSI ALLA MERAVIGLIA DELL'INCONTRO CON DIO


Anche questa domenica la nostra fede è interpellata. Gesù ci invita a guardarci dentro, a fare un discernimento partendo da noi stessi, dalle nostre emozioni.
La scena che incontriamo nel brano evangelico di questa domenica assomiglia a quei comportamenti che assumiamo sui social: finché non ci si conosce mettiamo migliaia di like, appena conosciamo chi ci sta dietro, subito il via a un’introspezione iniziando da un “non è possibile… ti pensavo così”.
Ebbene, la stessa cosa succede a Gesù, che dopo un po’ che era stato a Cafarnao e che di lui ormai si era detto che è il Cristo di Dio, torna nella sua terra, nella sua casa a Nazaret dove trova tutti che si stupivano di lui, del suo insegnamento. Non era possibile che un falegname fosse il Cristo di Dio, che fosse Dio e si misero a gridare allo scandalo. Se fosse stato uno sconosciuto l’avrebbero accolto, accettato, seguito.
Anche oggi, quanta fatica a vedere Dio nella realtà della vita. Quanta fatica ad accogliere la salvezza partendo dalle piccole cose. Pensiamo di sapere tutto di lui. Pensiamo di essere a posto grazie all’osservanza di qualche precetto e poi chi si è visto si è visto.
Noi somigliamo, a prescindere l’età, molto al mondo social dove tutto, come recita una vecchia canzone è “splendido splendente l’ha scritto anche il giornale io ci credo ciecamente” (Rettore, Splendido splendente, 1979). E noi crediamo ciecamente a preti, frati, suore e anche il papa solamente se rimangono dentro i nostri schemi, che dicano e facciano quello che è giusto per noi stessi.
Grazie a Dio non funziona così. Gesù rompe questi schemi, l’ha fatto con i suoi compaesani e oggi lo fa con noi. Ci invita a gestire le nostre emozioni, ad uscire da un certo stereotipo di vita e a stupirci, a meravigliarci, anche quando le cose non vanno secondo i nostri schemi. Nella mia vita ho conosciuto un anziano che spesso pregava così: “Ti ringrazio mio Dio che il mondo non va come dico io!”. Che bella preghiera! Dovremmo metterla in atto tutti.
Gesù come gli altri profeti sperimenta l’essere rifiutato e per questo, dinanzi a quell’incredulità, non riesce a far nulla. Egli riesce a calmare la tempesta, a scacciare i demoni, a vincere il male, a rialzare la fanciulla morta, ma si blocca dinanzi all’incredulità, riesce semplicemente a rispondere con un proverbio che indirizza ai discepoli e anche a noi oggi: “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria” estendendo il detto ai familiari e alla casa.
Quante volte abbiamo ascoltato che la fede nasce dall’ascolto della Parola? Quando non c’è la fede, quando non c’è apertura interiore non si riconosce la grazia di Dio, non si riconosce il mistero di Cristo. C’è una fatica ad ascoltare la Parola di Dio. C’è una fatica a farla diventare vita della propria vita. Ora il non ascolto e il non mettere in pratica la Parola di Dio genera un rifiuto e qui si rifiuta Dio, anche senza accorgercene!
Questo succede agli abitanti di Nazaret. Questo succede anche a noi tutte quelle volte che siamo superficiali, sordi dinanzi l’annuncio della Parola. Noi rifiutiamo Dio. Non solo. Noi rifiutiamo chiunque è dalla parte di Dio per continuare a vivere nelle nostre sicurezze, in mezzo ai nostri recinti, in mezzo alle nostre vecchie abitudini.
Ma questa non è fede! Ricordiamoci che la fede è anche relazione con le persone. Quante volte con i nostri pregiudizi paralizziamo una persona, la riduciamo all'impotenza, non gli diamo fiducia, le buttiamo addosso il peso dei nostri giudizi? Quante energie soffocate, quanti scoraggiamenti, quanta gioia distrutta dai nostri giudizi decisi e inappellabili su coloro che crediamo di conoscere! Magari aggiungendo: “per te non c'è speranza!”. Abbiamo bisogno di imparare a crescere nelle relazioni. Esse crescono man mano che le persone si conoscono e si capiscono reciprocamente.
La fede è questione di relazione anche con Gesù e la nostra relazione con Gesù crescerà solo nell’ascolto della sua Parola fino ad attuare in noi un cambiamento iniziando a vedere con gli occhi di Dio, a sentire con il suo cuore, ad agire con il suo stesso amore. Solo allora riusciremo a percepire la presenza, anche nascosta, di Gesù negli uomini e negli avvenimenti e riusciremo a fare “il salto della fede”.
Fare il salto della fede è riconoscere Gesù come signore della propria vita, della propria storia e seguirlo nella quotidianità. Questo lo possiamo fare se abbiamo l’umiltà, quell’apertura del cuore che si stupisce di così grande amore nella nostra vita.
Apriamoci, allora, ogni giorno alla grazia, alla meraviglia dell’incontro con Dio. Accogliamo l'incarnazione perenne dello Spirito Santo che, come un vento carico di pollini di primavera, «non sai da dove viene e dove va» (Gv 3,8), ma riempie il vecchio nostro modo di essere e passa oltre verso una nuova rinascita che ci dona quella libertà dello Spirito.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!





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