DA UNA FEDE DI FACCIATA A UNA FEDE VERA
Siamo alla XXXII domenica del Tempo ordinario, ancora qualche domenica per poi iniziare un nuovo anno liturgico. Intanto continuiamo il cammino con Gesù, così come stiamo facendo di domenica in domenica, anche ricevendo delle batoste, perché dalla nostra vita possa emergere la parte migliore eliminando ciò che non funziona.
In queste domeniche abbiamo visto cosa significa essere discepolo, cercando di capire chi è disposto a seguire Gesù Maestro sulla via della croce amando.
Questa domenica abbiamo una contrapposizione tra due personaggi: gli scribi e una vedova. In altre occasioni abbiamo visto chi sono gli scribi: dei presuntuosi che amano pavoneggiarsi usando la religione a proprio piacere vivendo una vita da miserabile. In loro ci possiamo tutti ritrovarci per quella tendenza alla vanagloria che spesso si annida nel nostro cuore.
Di loro il Vangelo dice che sono divoratori “delle case delle vedove”, cioè questi se ne approfittano di chi è più debole, di chi è più piccolo per farsi valere. Gesù non è un sostenitore di coloro che con il loro apparire contrastano la semplicità della vita. Negli scribi e in coloro che si presentano tali, la notorietà va in netto contrasto con l’umiltà. Per questo Gesù mette in guardia dagli scribi condannandoli: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole» (Lc 16,15).
Dall’altra parte abbiamo una povera vedova, di cui oggi la liturgia la presenta come “divorata dallo scriba”, in quanto debole. Ricordiamo che al tempo di Gesù le vedove erano le povere tra i poveri, costrette a mendicare e talvolta anche a prostituirsi. Il Signore, però, è Colui che “rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati, libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, protegge i forestieri, sostiene l’orfano e la vedova” (dal Sal 145).
Ebbene questa vedova, a differenza degli scribi che tutto fanno per se stessi, manifesta la sua fede in un abbandono fiducioso in Dio, manifesta fiduciosamente una relazione con Dio e getta nel tesoro del Tempio due monete. Non getta il superfluo come fanno i ricchi, ma quanto nella sua indigenza aveva, «vi ha gettato tutto quello che aveva: la sua intera vita» (Bibbia Einaudi), privandosi così di quanto aveva bisogno per la sua sussistenza, offrendo così a Dio tutta la sua vita.
Con questa contrapposizione, Gesù tiene molto alla qualità dei suoi discepoli e desidera profondamente che non imitino il modo religioso degli scribi corrotti ma di prendere esempio dal più debole, dalla vedova che ha dato se stessa, così come Gesù darà “tutto se stesso” sull’albero della Croce.
Agli occhi di Gesù la povera vedova a differenza dalla casta del Tempio, incarna una logica diversa, incarna il Vangelo. La vedova attualizza ciò che diceva Gesù domenica scorsa al saggio scriba: ascolta e ama. E la vedova vive di quest’ascolto, vive di quest’amore e alla fine della sua vita il Signore peserà il suo cuore, un cuore capace di amare. Ma di quest’amore si può vivere solo nella misura in cui mi so relazionare con Dio, nella misura in cui saprò dare quei due spiccioli, cioè me stesso, la mia vita intera.
Oggi, nella nostra vita, spesso diciamo: “non ho tempo!”. Siamo diventati così frenetici che non abbiamo tempo per nulla e ancor meno per Dio e per la preghiera. Ed è veramente triste pensare e vedere tanti cristiani che, quando si parla di Dio non c’è tempo per Lui, si rimanda continuamente: rimandiamo la Messa, rimandiamo la preghiera, rimandiamo ogni opera buona fino al giorno in cui avremo tempo e la cosa più brutta in tutto questo è che ci giustifichiamo, come se Dio avesse bisogno della nostra giustificazione.
Questa domenica è l’occasione per riconquistare “quel tempo che non abbiamo”, per chiedersi se siamo generosi nell’offrire il proprio tempo, le proprie competenze, le proprie qualità, i propri beni ovvero, se siamo capaci di sovrabbondare nel dono, senza risparmiarci, senza tenere nulla per sé, sull’esempio di questa povera vedova.
Questa domenica è il tempo propizio per capire se siamo dei cristiani creduloni come gli scribi oppure cristiani credenti come la vedova. Tutti, comunque, siamo chiamati a svelare il fariseismo che ci abita. Il Signore non vuole una vita di fede di facciata per pulirci la coscienza ma chiede che si abbia un cuore puro, una fede autentica, una fiducia totale in Lui. La santità tanto decantata è fatta da piccoli gesti nascosti, gesti umili, pieni di un cuore capace di donare anche se non si possiede nulla.
Il Vangelo di questa domenica ci dice che seguendo questo grande esempio di una povera vedova, ci avviciniamo all’assoluto di Dio e sarà festa, perché questa è una fede racchiusa “in due spiccioli” che è un dare generoso senza ritorno in quanto siamo niente. E solo fino a quando comprenderemo questo, si manifesterà la fede vera.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!