FARSI "CARNE" IN QUESTA PROBLEMATICA SOCIETÀ
Dopo aver celebrato il Natale del Signore; abbiamo celebrato alcuni momenti di questo tempo natalizio: la Santa Famiglia di Nazaret e la divina maternità di Maria. Questa domenica ci ritroviamo a celebrare il mistero del Natale nella sua interezza. La liturgia ci presenta il Prologo di Giovanni, un faro di luce che illumina il cammino della storia umana, il cammino di ciascuno di noi. Guardando con attenzione questa pagina altissima, abbiamo uno sguardo d’insieme su ciò che è peccato e redenzione, su ciò che è luce e tenebre e che attraversa la nostra vita. In diciotto versetti abbiamo un condensato su Dio, sull’uomo, sul mondo, su Cristo Gesù.
Ci soffermiamo su questa pagina evangelica, in particolare sul versetto che recita così: «Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi», parole riprese anche dal ritornello del Salmo responsoriale.
In questo periodo natalizio quest'espressione l’abbiamo sentita in tutte le salse perché esprime la potenza dello Spirito che si sprigiona dall’unica parola: il Verbo, che Santa Teresa di Gesù Bambino ce lo spiega così: «che cos’è dunque questa parola? Mi sembra che la parola di Gesù sia lui stesso, lui, Gesù, il Verbo, la Parola di Dio». Ecco che cos’è il Verbo: è la parola che Dio dice al mondo.
Ai nostri giorni facciamo uso di tante parole e sono talmente tante che neanche ce ne accorgiamo, neanche nel momento in cui le pronunziamo o ascoltiamo. Queste parole sono tante e ognuna di esse avvale la sua verità: una verità politica, una verità economica, una verità scientifica, una verità sociale, una verità personale e in questo guazzabuglio di parole vi sta anche la parola del Vangelo. Per questo siamo frastornati, disorientati, proprio perché abbiamo messo sullo stesso piano la Parola di Dio. E se poi la Parola di Dio volesse spezzare le catene della nostra vita, saremo pronti a sigillarle con il nostro io, con la nostra superbia, con la nostra arroganza, con la nostra prepotenza, con la nostra falsità.
Questa domenica l’evangelista Giovanni ci avverte: stiamo attenti a non entrare in quel guazzabuglio. Il Verbo era Dio, la parola del Vangelo, la parola che è Gesù non è sullo stesso piano di tutte le altre parole di questo mondo; non può essere paragonata alla mia parola o alle molteplici parole. È importante vigilare, stare attenti chi scegliamo: Gesù, un santone di turno oppure noi stessi. Non possiamo mettere tutto sullo stesso livello. La Verità è una soltanto, perché Dio è uno, la Via per la vita eterna è una soltanto.
L’evangelista Giovanni non dubita e ci dice che Lui era la vita, ci dice che era la luce. Per questo dobbiamo prendere posizione accettandolo o rifiutandolo senza nessun ma… se… però… senza nessuna giustificazione. Non è possibile rimanere in questo guazzabuglio.
Continuando l’evangelista Giovanni ci dice che il Verbo «si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi».
Queste parole indicano anzitutto che il Verbo si è incarnato, cioè, ha assunto la natura umana e questo significa tutto quanto vi è nell’uomo. Quest’incarnazione è posta al centro della nostra esistenza, in mezzo a noi. Noi abbiamo la presenza di Gesù nella nostra vita, nella nostra storia. E questa non è una storia da dividere perché lo Stato italiano è laico. No! Il Verbo è venuto ad abitare in mezzo a noi, abita con noi, in questo Stato laico e tutti noi con la sua presenza dobbiamo fare i conti, prima o poi, ci crediamo o no.
Ricordiamo all’inizio dell’Avvento le parole del Battista? «in mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete» (Gv 1,26). Un’espressione che richiama il nostro comportamento, in particolare quando non conosciamo qualcuno. Ora se questo qualcuno si chiama Gesù, aumentano le questioni sia sui social che nella realtà.
Oggi dobbiamo ancora dire che stiamo continuando a non conoscere Gesù. Stiamo continuando a rifiutarlo, però chi lo accoglie non deve vivere tentennando tra un se e un ma. È meglio essere onesti con un bel no che avere un sì diviso.
Ai nostri giorni non possiamo vivere “zoppicando con le due stampelle” (cf. 1Re 18,21). Troppi sono diventati i cristiani che si fregiano del nome, che si fregiano di vivere nella luce del Signore, ma poi nella realtà dimostrano tutto l’opposto.
Nel Vangelo Gesù stesso rimprovera i discepoli perché non hanno fede (cf. Mc 4,40). Non era una fede salda, infatti lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4,38). Pensano che Gesù si disinteressi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa nulla di me?”. È una frase che ferisce profondamente fino alle lacrime. È una frase che avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi.
Questo è una realtà dei nostri giorni, perché come i discepoli di allora non riusciamo a capire che con Gesù non affondiamo, perché Dio non può perire. Ecco cosa vuol dire che «ha posto la dimora in mezzo a noi»: non è semplicemente un fatto globale, ma è venuto personalmente in ciascuna anima credente, prendendovi dimora. Questa è la presenza di Dio. La santa carmelitana Elisabetta della Trinità scoprendola ci ha lasciato questa testimonianza: «Mi sembra di aver trovato il mio cielo sulla terra, poiché il cielo è Dio e Dio è nella mia anima. Il giorno che ho capito questo tutto si è illuminato».
Che in questo Anno Santo ognuno di noi possa scoprire che Gesù è nato nel suo cuore, nella sua anima perché ciascuno si possa fare “carne” in questa nostra problematica società.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!
immagine: https://davidjeremiah.blog/why-did-jesus-come-to-earth/