mercoledì 14 maggio 2025

V DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

UN AMORE CHE RENDE NUOVI


La Liturgia della Parola di questa domenica, V di Pasqua, ci proietta su quanto sarà per i discepoli di Gesù dopo la sua ascensione: cioè, la missione della Chiesa.
Il tempo della Chiesa è il tempo in cui si testimonia il Risorto e si annuncia le grandi opere di Dio, glorificandolo nella nostra vita.
Quest’ultima è un monito che riceviamo alla fine della Santa Messa. Che cosa vuole dirci? Anzitutto ci ricorda che quanto celebriamo si radichi profondamente in noi perché porti frutto nella vita. Ognuno di noi deve essere quello che celebra, quello di cui si nutre dando così contributo al misericordioso disegno di Dio.
Il Vangelo di questa domenica ci colloca nel contesto dell’ultima cena, tra due momenti significativi: l’uscita di Giuda dal cenacolo (Gv 13,30) e l’annuncio del rinnegamento di Pietro (Gv 13,36-38), due momenti particolari dove Gesù resterà sempre fedele, facendosi servo dei servi e glorificando Dio Padre.
In questa sua fedeltà, Gesù rivolgendosi con tanta tenerezza ai discepoli li chiama «figlioli». Il termine lo sappiamo mostra compiacimento, affetto, tenerezza ed è proprio da questo cuore che ama, che riceviamo in dono il testamento spirituale di Gesù, che riassume il significato vero di ciò che significa essere cristiano: «Vi do un comandamento nuovo: come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
Quanti comandamenti e precetti il popolo doveva osservare. Gesù li raccoglie tutti nell’unico e grande comandamento che scaturisce dal suo cuore gonfio d’amore e che chiede amore.
Proprio dall’Eucarestia, luogo di offerta d’amore di Gesù al Padre, è lì che veniamo trasformati, è lì che diventiamo capaci di Dio, è lì che diventiamo dono d’amore come Gesù, per ridare speranza al mondo.
Amare… Quante volte abbiamo sentito questa parola e tante volte, però se ne abusato. Non sappiamo ancora cosa sia l’amore. I fatti di cronaca spesso ci ricordano quegli amori disperati, violenti, distruttivi che annientano solamente l’altro. Mentre Gesù ci dona un distintivo particolare: ci dice di amarci a vicenda, di avere amore gli uni per gli altri così come ha fatto lui, perché essere discepoli di Gesù significa vivere la logica dell’amore, vestirsi dell’Amore per ridare amore al fratello e alla sorella che incontriamo nel nostro cammino.
Questa è la novità del Vangelo. Esso è attivo e dinamico perché ci rinnova, ci fa nuovi, ci trasforma. Ce lo ricorda sant’Agostino: “E questo amore che ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento nuovo, cantori del cantico nuovo”. Ed è in questa novità d’amore che Dio fa nuove tutte le cose.
Purtroppo, registriamo la fatica ad amare. In particolare, le persone antipatiche, coloro che mi hanno fatto del male. Come si fa? Una domanda che spesso risuona.
“Siamo fatti per amare, nonostante noi”, ci ricorda una bella canzone di Nek e che ci fa guardare oltre l’orizzonte. Sarà solo la forza dello Spirito Santo, che mette amore nel proprio cuore, ci permetterà di superare quegli ostacoli, quegli atteggiamenti nei confronti dell’altro, imparando ad amare come il Signore ci ama perché pone nel nostro cuore il suo stesso Spirito, lo Spirito di santità, amore che guarisce e trasforma. Del resto, non dimentichiamolo, che amare significa rischiare sé stessi, uscire dal proprio io per mettere in gioco la propria vita. Questo è stato l’amore gratuito di Dio rivelato pienamente nel Figlio morto e risorto, un segno che impegna anche noi, nell’amore, un segno, la cui eloquenza dice che l’amore reciproco non è una croce che ci è stata messa addosso, un peso difficile da portare, ma è l’abito da indossare, è una nuova capacità di vita.
Essere discepoli di Gesù non è una questione di un rosario tra le mani, un abito devozionale. Scribi e farisei venivano riconosciuti dal modo di vestire. L’abito da indossare non è di nessun tessuto. Abbiamo bisogno di rivestirci di Cristo: il vestito visibile è l'amore. L'esteriorità materiale non dimostra la fede. La fede si misura solo nell'amore e nell'amore concreto, allora “fatti avanti amore”, continua la canzone di Nek. È l’amore quello che conta. San Giovanni della Croce ci ricorda che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (Parole di luce e amore, 57), questo per dire che sarà l’amore a dire se la nostra vita è stata intessuta d’amore, se la vita che abbiamo vissuto sarà stata o no una vita piena e degna del Regno di Dio. Questa nostra società frastornata dalle troppe parole cerca sempre testimoni prima che maestri, vuole modelli prima che parole. Essa è più facilmente resa partecipe se vede un Vangelo fatto vita, capace di creare rapporti nuovi all’insegna dell’amore. Questo può accadere se veramente viviamo l’Eucarestia: il dono d’amore. Allora potremmo costruire la civiltà dell’amore, facendoci prossimità e tenerezza verso tutti, cercando e scoprendo l’amore anzitutto nella relazione forte e personale con Dio, dalla quale si sprigiona poi nella quotidianità, in mezzo al popolo.
Questo è il sogno di Dio. Lo sia anche nostro!

Buona domenica nel Signore a tutti voi!