TIENITI PRONTO, PICCOLO GREGGE
Tenersi pronti. È il tema dominante della Parola di questa domenica nel bel mezzo dell’estate quando il pensiero è tutto altrove, la Parola di Dio continua a dirci: tenetevi pronti! Ma essere pronti per cosa? Essere sempre pronti in tutto e per tutto, perché Dio passa sempre dalla nostra vita e dovremmo temere, come diceva sant’Agostino, che Lui passi e noi non ce ne accorgiamo. Questo sarebbe il momento per bandire dalla nostra vita ciò che ci allontana dalla buona vita del Vangelo e scegliere l’essenziale. Per scegliere l’essenziale occorre essere pronti, pronti ad accogliere la vita, invece che distruggerla con la guerra, con la violenza, ucciderla per poi seppellirla nella calce viva. Essere sempre pronti a cambiare vita e morire al peccato. Il Signore bussa sempre alla porta del nostro cuore per consegnarci il suo invito all’amore. Non chiudiamogli la porta in faccia, non scappiamo per altri lidi, ma lasciamo che Lui entri nella nostra casa e ci doni la sua pace. Iniziamo a lasciare le abitudini comode, le relazioni sbagliate, le vite anonime., la guerra che ci sta dentro e fuori di noi. Siamo pronti a fare della nostra vita un capolavoro. Non sentiamoci tristi e persi in qualche angolo della nostra vita, della nostra storia.
Robert Baden-Powell fondatore dell’associazione dei Boy scout diceva nel formare gli altri, che poi divenne il motto scout, di essere sempre preparati, pronti, nel corpo e nello spirito per compiere bene il proprio dovere, riconoscendo la cosa giusta da fare.
Credo che, anche se il motto è indirizzato allo scoutismo va bene per tutti, in quanto tutti abbiamo un’opportunità di riscatto dinanzi a Dio, tutti possiamo alzare lo sguardo verso l’Alto, tutti possiamo compiere opere di bene, tutti possiamo pregare per la salvezza altrui e nostra.
Ecco, allora, il Vangelo di questa domenica che invita ad essere pronti e vigilanti, parole racchiuse in un contesto di conclusione della vita terrena ma non sono parole che invitano a pensare esclusivamente al giorno della morte, ma un vivere pienamente, bene e nell’amore la nostra vita dinanzi a Dio e alla società.
Come possiamo vivere bene questo tempo? Gesù raccomanda di stare pronti con le vesti cinte ai fianchi e le fiaccole accese. Cosa significa? Significa vivere la nostra vita con la carità e la fede, due virtù teologali che sostengono il nostro cammino di speranza, anche in vista della vita eterna. E per vivere di queste virtù teologali ci dice di somigliare “a coloro che aspettano il padrone di casa quando torna dalle nozze”, cosicché al suo arrivo bussando gli si può aprire subito.
Qui notiamo un particolare, il padrone di casa deve bussare, perché? Anticamente le case si potevano chiudere solo dall’interno e necessitava che chi stesse dentro potesse aprire. Ora, guardando alla nostra vita, osserviamo il Signore quanto è delicato e rispettoso con noi: bussa alla porta del nostro cuore. Solo noi possiamo aprirgli, se vogliamo. Solo se vegliamo nell’attesa della sua venuta nella fede e nell’amore saremo beati per l’eternità.
Allora, quanto è importante “tenersi in regola”, espressione che troviamo in particolare nel campo del lavoro. Il proprietario di un locale di ristorazione, per esempio, deve essere sempre pronto, sempre in regola. Questo non significa vivere e lavorare in continuo stato di ansia, come se da un momento all'altro dovesse arrivare una ispezione dei NAS. Dovrebbe pensare più al lavoro, perché tanto tutto è in regola e non si praticano, per principio, nessun tipo di frode.
La stessa cosa è sul piano spirituale. Tenersi pronti significa vivere in modo da non doversi preoccupare della morte. San Francesco d’Assisi si riferiva alla morte come a una sorella perché la considerava un passaggio verso la vita eterna e non come una fine. Così diceva e scrivendo nel momento ultimo della sua vita terrena. Momento che continuò a lodare il Signore, momento in cui chiese di gustare quei dolcetti che gli piacevano tanto. Perché, quando si crede davvero all'eternità il tempo acquista una nuova luce e la fede, quando c'è, cambia la vita e fa vedere la realtà che ci circonda con occhi nuovi.
Così fu anche per san Luigi Gonzaga che alla domanda fatta a bruciapelo mentre stava giocando con i compagni: “Cosa faresti se sapessi che tra poco devi morire?” e il santo rispose: “Continuerei a giocare!”.
I nostri santi insegnano ad avere sempre il cuore in Dio, sempre pronti a rendere ragione della propria fede, della propria speranza, della propria carità e la ricetta di tutto questo è vivere tranquillamente in stato di grazia che nel Vangelo odierno viene descritta con la piccolezza, quella grandezza che ci permette di andare all’ultimo posto, per crescere meglio in comunione con Dio.
Dio ci suggerisce di farci piccoli, un po’ come fece Lui e tanti l’hanno seguito su questo modello. Essere piccoli è un modo di vivere, di essere, di relazionarsi con Dio, con la vita, con quanto ci circonda, con il mondo. Capiamo così che essere piccoli non equivale ad essere insignificanti ma quel lievito che nascosto fermenta “dentro la pasta del mondo”, che non ci permette di arrenderci al quieto vivere, all’andare avanti per forza d’inerzia ma ci spinge verso l’altro, al servizio, alla testimonianza concreta.
Viviamo allora alla presenza del Signore sempre pronti e fiduciosi in Lui. Sentiamoci amati da Lui, amiamoci per poter amare l’altro riceveremo così il tesoro più prezioso, quello che non si corrompe, non marcisce e non si consuma: un posto nel Regno dei cieli.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!