IL NATALE: GRANDE SOGNO DI DIO
Siamo arrivati alla IV Domenica di Avvento. È la domenica che precede il Natale del Signore. La liturgia fin dall'antifona d'ingresso ce lo ricorda così: «Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore» (Is 45,8). Ma stiamo veramente pregando perché Dio germogli nella nostra vita? Più gli anni passano, più questo è il periodo per correre ai regali da fare, alle tavole da imbandire, alle famiglie da riunire (sempre se sono in pace con sé stessi e con gli altri), in pratica è uno svuotare il proprio portafoglio e non un svuotare sé stessi per accogliere Dio e farlo nascere nel proprio cuore. Nel frattempo, con questo scenario colorato nei miglior dei modi, il Natale per tanti sarà triste, pieno di solitudine e in certi casi anche di morte.
Questa domenica ci metteremo in ascolto di un Vangelo particolare, non fatto di luminarie, presepi, alberi ornati, regali, tavole imbandite per famiglie dove scorre solo la simpatia mentre si escludono coloro che ci sono antipatici, ma un Vangelo che parla della continua presenza di Dio nella nostra vita, nonostante i nostri dubbi, le nostre perplessità, il nostro modo di fare, nonostante le nostre difficoltà.
Durante la settimana, il giorno 17 per essere precisi, abbiamo ascoltato la genealogia di Gesù, per capire la sua stirpe davidica, alla cui discendenza era promesso un regno eterno, non fatto di pietra, come disse Gesù a Pilato: Il mio regno non è di questo mondo. Però sono re: per questo sono venuto (cf. Gv 18,36).
Questa domenica l’evangelista Matteo ci fa ascoltare i versetti successivi (vv. 18-24) dove siamo invitati ad entrare nei sogni di Dio, a vivere con Lui un grande progetto d'amore che parte dalla tenerezza di un bambino e, che crescendo, continuerà al nostro fianco a guidarci sempre in un nuovo esodo pieno di pace e d'amore. Matteo, inoltre, ci dice come avverrà tutto questo, come il Signore viene nella nostra vita, usando un verbo al passivo: «così fu generato», un modo per indicare che il soggetto di quell’azione è Dio.
Il brano evangelico ci da una prima ambientazione il cui scenario sembra il sogno di Giuseppe: ci sta una donna promessa sposa di un uomo e che in quel momento è incinta per opera dello Spirito Santo e Giuseppe che in cuor suo considerando questo, non voleva accusarla pubblicamente.
Chissà se, ai nostri giorni, crediamo a questa iniziativa divina. Plutarco, uno scrittore pagano del I secolo, scrisse nella "Vita di Numa" che, secondo gli egiziani, "non è impossibile che lo Spirito di Dio avvicini una donna e deponga in lei i germi di una generazione". Nel paganesimo odierno, a sentire queste parole, dovremmo un po’ ricrederci sull’azione dello Spirito Santo nella nostra vita. Lo Spirito di Dio è in effetti il protagonista di tutto il cammino della storia salvifica. Egli è il primo predicatore del Messia; il primo rivelatore della vera natura del concepito nel grembo di Maria: Egli è Dio!
Dio in quel momento entra in punta di piedi nel sogno di Giuseppe dicendogli: «non temere», una parola che rasserena quel turbamento interiore. Dio e Giuseppe si ritrovano nel medesimo sogno e, i due, si confrontano. Il confronto, umanamente parlando, non è facile per Giuseppe. Dentro di lui sta cercando soluzioni per la vita, sta cercando di divincolarsi da una difficoltà in cui si è venuto a trovare. Però Dio vuole parlare al suo cuore. Il sogno quindi lo possiamo vedere come la cella interiore, profonda di Giuseppe che si deve confrontare con l’iniziativa di Dio, con il sogno di Dio.
Giuseppe è l'uomo che ragiona, agisce in base a ciò che ha dentro, e che nel sonno emerge in piena libertà. Lui, l’uomo giusto, ha i sogni stessi di Dio: la Sua parola parla nel sonno delle altre parole.
Entrare nel sogno di Dio fa scoprire di essere figli. Entrare nel sogno di Dio fa scoprire la dimensione più profonda della vita e degli eventi. Entrare nel sogno di Dio fa scoprire che nella vita ci sta qualcos’altro per cui vale la pena vivere: un’opera di Dio per la nostra esistenza.
Giuseppe riflette insieme a Dio di queste cose, riflette le meraviglie che Dio continua ad operare nella sua vita, nella sua storia e nella storia dell’umanità. Riflette che Dio ha bisogno di lui per realizzare il suo grande sogno, per compiere la Sua opera.
Umanamente Giuseppe non si aspettava che toccasse proprio a lui, proprio in quel momento che aveva ideato una nuova famiglia, fatto progetti particolari, adesso dovrà rivedere meglio il suo progetto seguendo lo stile di Dio, ritrovando così una prospettiva nuova alla sua vita.
Giuseppe, questa domenica ci insegna ad entrare nel sogno di Dio, a lasciare che Lui parli al nostro cuore. Ci insegna ad ascoltare la Parola di Dio, obbedire alla Parola di Dio e farla vita della nostra vita. Infatti, Giuseppe, diventa padre nel momento in cui obbedisce, dice il suo sì a Dio fidandosi di Lui senza aggiungere parole ma solo silenzio: condizione per cogliere la presenza del Signore nella fatica e nelle contraddizioni della vita.
Il brano evangelico termina dicendo che Giuseppe non ripudia Maria ma «prese con sé la sua sposa», la porta nella sua casa.
La casa è il luogo dove Dio si fa prossimo, si fa vicino, perché parla attraverso le situazioni che stiamo vivendo, parla attraverso i volti delle persone che ci ha messo accanto e anche di quelli che spesso scartiamo, ci guarda con lo stesso sguardo di queste persone.
Chiediamoci pure: in questo Natale 2025 dove generiamo Gesù?
Che il nostro cuore si apra sempre più alla vita non secondo il nostro modo di pensare o di fare ma secondo lo stile di Dio.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!
immagine: Carmelites | Carmelitani | Carmelitas :: O.Carm :: Celebrating At Home - 4th Sunday of Advent
