NELLA VITA LA NOSTRA PICCOLEZZA
Dopo la celebrazione dell'Immacolata, riprendiamo
nuovamente il cammino con la terza domenica di Avvento, la domenica della gioia
in quanto l’avvento è orientato alla gioia del Signore che viene. Non per nulla
l’antifona di ingresso alla Celebrazione Eucaristica recita così: «Rallegratevi
sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino» (Fil
4,4.5). Da questo deduciamo che il tema della gioia è alla base della Liturgia
della Parola di questa domenica d’Avvento. Questa è la gioia che scaturisce nel
buio della nostra esistenza, ove siamo chiamati a rileggere nella nostra vita,
con la luce nel cuore, la Parola del Signore.
Il Vangelo odierno, inserito nel contesto di una serie di racconti circa l’attività di Gesù, che fa seguito al discorso sull’apostolato (Mt 11-12), inizia col presentare il Battista, in prigione nella fortezza di Macheronte. L'evangelista Matteo ci rivela anche la motivazione della prigionia e della morte del Battista: aveva denunciato il comportamento immorale di Erode e di Erodiade (Mt 14,1-12).
Alla base del suo discorso, l’Evangelista pone l’accento sulla polemica fra Gesù e i suoi avversari, in un crescendo che continuerà per tutto il resto del vangelo. Dove è la gioia in tutto questo?
La gioia di questa domenica si manifesta particolarmente nel dubbio del Battista che «sentendo parlare delle opere del Cristo» non esita in lui quell’oscurità di quanto ode. Questo perché Giovanni aspettava un altro tipo di Messia, un personaggio castigatore, che avrebbe messo ordine e invece le sue orecchie odono tutt’altra cosa e di questo il Battista si scandalizza, per questo Gesù dice: «beato colui che non si scandalizza di quanto io faccio».
Quanta somiglianza abbiamo con il Battista. Infatti, quando qualcosa o qualcuno è fuori da un nostro pensiero subito lo tagliamo fuori, lo diffidiamo. Quante volte pensiamo che Dio debba intervenire su certi fatti, hic et nunc e quando non vediamo nessun intervento divino entriamo in crisi, pensando a un Dio perdente, a un Messia perdente, umiliato e che continuamente viene inchiodato alla croce. Ed è proprio in questo punto che possiamo dire che la salvezza è sempre operante ed è sempre ben diversa da come possiamo immaginarla o aspettarla.
Piuttosto, in questo momento, in questa terza tappa di Avvento, chiediamoci: chi attendiamo? Questa è la domenica della gioia, come possiamo gioire se ci lasciamo soffocare dal dubbio? Come possiamo convertirci? Come possiamo accogliere l’inaudito di Dio?
Nel Vangelo abbiamo un elogio sul Battista fatto da Gesù: egli è il messaggero, il più grande tra i nati di donna. Osservando, Giovanni aveva messo in dubbio l'identità di Gesù e Gesù lo contraccambia rafforzando la sua identità. Non sarà l’unica volta che Gesù rafforza l’identità o la fede di qualcuno che dubita o tradisce. Lo ricordiamo benissimo l’apostolo Pietro: per tre volte tradì, per tre volte fu rafforzata la sua fede dandogli anche un ruolo di importanza nella comunità cristiana. Con Gesù dal dubbio si passa alla certezza. Il Battista viene consolato e chiunque incontra la misericordia di Dio riceve conforto.
E chi può fare questo tipo di incontro? L’evangelista Matteo sottolinea «il più piccolo». Sappiamo benissimo che alla piccolezza è legata l’umiltà, una fede totalizzante che somiglia a quella dei bambini ma questi nel Regno dei Cieli appaiono «i più grandi».
Il Vangelo ci mostra che il più piccolo è Gesù stesso, ricordato da san Paolo come Colui «che annientò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce» (cf. Fil 2,5-11). Questa è una pura follia, però ci vuole insegnare che non possiamo evitare le sfide della vita; che nella vita non ci sono scorciatoie; che ogni situazione va affrontata sapendo che in quel momento Dio ci è accanto, perché ognuno di noi conta, ognuno di noi è un salvato e questo non va dimenticato, in quanto valiamo la stessa vita di Dio. Essere piccolo, allora, non significa umiliarsi esteriormente, non significa sminuire sé stessi e le proprie capacità, sarebbe una falsa umiltà in quanto in noi vi è già una piccolezza, bisogna saperla accogliere, riconoscere e viverla nella nostra vita di fede nella gioia e nell’amore, secondo lo stile di Dio. Ecco perché alla domanda «sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?», Gesù non risponde con argomenti teorici, teologici ma con le opere di cui parlarono i profeti: «andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Gesù risponde narrando la vita e invita a entrare in una novità: cielo e terra nuova di cui noi stessi siamo i narratori o se vogliamo gli evangelizzatori, coloro che hanno «visto e udito».
Allora nel deserto della vita non andiamo a cercare
dimostrazioni di Dio brancolando nel dubbio, ma incontriamolo nella
quotidianità della vita dove Lui sempre si mostra non in una gioia rumorosa ma
silenziosa e profonda.
Chiediamo allora questa domenica di essere attenti ai segni della Sua presenza nel volto di chi sorride, di chi tende la mano, di chi chiede o attende un perdono. Che questo tempo che ci separa dal Natale non sia passivo ma operoso e pieno di amore.
Il Vangelo odierno, inserito nel contesto di una serie di racconti circa l’attività di Gesù, che fa seguito al discorso sull’apostolato (Mt 11-12), inizia col presentare il Battista, in prigione nella fortezza di Macheronte. L'evangelista Matteo ci rivela anche la motivazione della prigionia e della morte del Battista: aveva denunciato il comportamento immorale di Erode e di Erodiade (Mt 14,1-12).
Alla base del suo discorso, l’Evangelista pone l’accento sulla polemica fra Gesù e i suoi avversari, in un crescendo che continuerà per tutto il resto del vangelo. Dove è la gioia in tutto questo?
La gioia di questa domenica si manifesta particolarmente nel dubbio del Battista che «sentendo parlare delle opere del Cristo» non esita in lui quell’oscurità di quanto ode. Questo perché Giovanni aspettava un altro tipo di Messia, un personaggio castigatore, che avrebbe messo ordine e invece le sue orecchie odono tutt’altra cosa e di questo il Battista si scandalizza, per questo Gesù dice: «beato colui che non si scandalizza di quanto io faccio».
Quanta somiglianza abbiamo con il Battista. Infatti, quando qualcosa o qualcuno è fuori da un nostro pensiero subito lo tagliamo fuori, lo diffidiamo. Quante volte pensiamo che Dio debba intervenire su certi fatti, hic et nunc e quando non vediamo nessun intervento divino entriamo in crisi, pensando a un Dio perdente, a un Messia perdente, umiliato e che continuamente viene inchiodato alla croce. Ed è proprio in questo punto che possiamo dire che la salvezza è sempre operante ed è sempre ben diversa da come possiamo immaginarla o aspettarla.
Piuttosto, in questo momento, in questa terza tappa di Avvento, chiediamoci: chi attendiamo? Questa è la domenica della gioia, come possiamo gioire se ci lasciamo soffocare dal dubbio? Come possiamo convertirci? Come possiamo accogliere l’inaudito di Dio?
Nel Vangelo abbiamo un elogio sul Battista fatto da Gesù: egli è il messaggero, il più grande tra i nati di donna. Osservando, Giovanni aveva messo in dubbio l'identità di Gesù e Gesù lo contraccambia rafforzando la sua identità. Non sarà l’unica volta che Gesù rafforza l’identità o la fede di qualcuno che dubita o tradisce. Lo ricordiamo benissimo l’apostolo Pietro: per tre volte tradì, per tre volte fu rafforzata la sua fede dandogli anche un ruolo di importanza nella comunità cristiana. Con Gesù dal dubbio si passa alla certezza. Il Battista viene consolato e chiunque incontra la misericordia di Dio riceve conforto.
E chi può fare questo tipo di incontro? L’evangelista Matteo sottolinea «il più piccolo». Sappiamo benissimo che alla piccolezza è legata l’umiltà, una fede totalizzante che somiglia a quella dei bambini ma questi nel Regno dei Cieli appaiono «i più grandi».
Il Vangelo ci mostra che il più piccolo è Gesù stesso, ricordato da san Paolo come Colui «che annientò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce» (cf. Fil 2,5-11). Questa è una pura follia, però ci vuole insegnare che non possiamo evitare le sfide della vita; che nella vita non ci sono scorciatoie; che ogni situazione va affrontata sapendo che in quel momento Dio ci è accanto, perché ognuno di noi conta, ognuno di noi è un salvato e questo non va dimenticato, in quanto valiamo la stessa vita di Dio. Essere piccolo, allora, non significa umiliarsi esteriormente, non significa sminuire sé stessi e le proprie capacità, sarebbe una falsa umiltà in quanto in noi vi è già una piccolezza, bisogna saperla accogliere, riconoscere e viverla nella nostra vita di fede nella gioia e nell’amore, secondo lo stile di Dio. Ecco perché alla domanda «sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?», Gesù non risponde con argomenti teorici, teologici ma con le opere di cui parlarono i profeti: «andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Gesù risponde narrando la vita e invita a entrare in una novità: cielo e terra nuova di cui noi stessi siamo i narratori o se vogliamo gli evangelizzatori, coloro che hanno «visto e udito».
Chiediamo allora questa domenica di essere attenti ai segni della Sua presenza nel volto di chi sorride, di chi tende la mano, di chi chiede o attende un perdono. Che questo tempo che ci separa dal Natale non sia passivo ma operoso e pieno di amore.
Buona domenica nel Signore a tutti voi!
