NATALE: TEMPO PER DONARE
«Anche quest'anno è già Natale». Tutti ricordiamo
questa canzone dell’Antoniano, anche grazie agli spot pubblicitari ma, se ci
facciamo caso, la stessa canzone pone nell’aria, insieme alla speranza, quello
che nella concretezza della vita accade.
Domenica scorsa dicevo: in questo Natale 2025 dove generiamo Gesù? Ci abbiamo pensato? O siamo ancora in quella melassa che questo tempo consumistico ci offre?
Papa Benedetto XVI ci ricordava che "Il Natale è un'opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della nostra esistenza", perché il Signore Gesù, Dio fatto uomo, è oggi tra noi. Si è rivestito della nostra carne, cammina con noi, entra nella storia di ognuno di noi come nostro fratello e compagno di viaggio, offrendosi a noi nella semplicità di un umile bambino, Lui che, come dice l’autore della lettera agli Ebrei, è «irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza, lui che tutto sostiene con la sua parola potente», Lui il Verbo, si è fatto carne senza disdegnare di assumere le nostre stesse sembianze, cioè la nostra stessa fragilità, la nostra stessa debolezza.
Queste caratteristiche ci dicono che per incontrare Dio occorre tanta umiltà, tanta piccolezza che ci permette di riconoscere in quel bambino di Betlemme, Gesù, il Dio che si fa uomo e che usa il linguaggio dell’amore, un linguaggio semplice e immediato, ma tanto denso di significato.
Il giorno di Natale, la Liturgia ci fa ascoltare il Prologo del Vangelo di Giovanni che ci fa vedere il linguaggio di Dio e il linguaggio del mondo, quest’ultimo molto diverso e tanto difforme dalle scelte di Dio, basta pensare alla violenza di qualsiasi grado nella nostra società, alla prepotenza del più forte, all’esclusione che sembra un baratto tra simpatia e antipatia, alla difesa dei diritti individuali e possiamo continuare all’infinito. Mentre in verità esiste il linguaggio del cuore fatto di umiltà perché capace di fare passi indietro, capace di chinarsi sull’altro come Dio si è chinato sul piccolo, sul povero, sul debole, sull’emarginato, sul bisognoso, sull’ultimo.
Natale non è la corsa per fare i doni, ma la corsa per farsi dono in ogni situazione, in ogni circostanza perché il linguaggio dell’amore usato da Dio supera ogni barriera, in modo da far rifiorire sul volto del fallito quella gioia di essere persona, di essere prezioso, di essere desiderato, di essere accolto in quanto amato.
Questo è il Dio che celebriamo il 25 dicembre di ogni anno: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Parole che contengono un'assunzione umana. Mediante un corpo nato da donna, tutta la realtà fragile dell'uomo, quella realtà limitata e vulnerabile, coi suoi limiti, coi suoi dubbi e perché, coi suoi momenti belli e tragici che la vita fa sperimentare ogni giorno. Dio è l'Emmanuele che si immerge nella miseria umana e con essa vive, per riportarla al suo splendore originario. Questo ci dice il Natale per l’ennesima volta: abbiamo ricevuto un dono!
Allora quando pensiamo al Natale, non fermiamoci a ciò che da qualche mese si presenta esteriore: vetrine, luminarie e quant’altro ma entriamo dentro questo mistero come fecero i pastori, come fecero i magi iniziando da noi stessi, ascoltando la sua voce, quella che arriva dalla greppia di Betlemme, o se vogliamo, da quel presepe che abbiamo preparato. Questa è una voce sempre nuova, sempre sorprendente, non da tenere per se ma da condividere in famiglia, con gli amici, in mezzo alla gente. Una voce da condividere non limitandola al 25 dicembre ma sempre, perché ogni giorno è Natale, ogni giorno possiamo e dobbiamo vivere l’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Allora sì che impareremo a vivere in umiltà, a testa bassa perché sappiamo chi abbiamo davanti (cf. 2Tim 1,12), così come si resero conto i pastori e quanti l’hanno incontrato nella loro vita, nella loro storia. Questo è accogliere il Signore Gesù nella propria vita, in modo che sbocci anche in me il sogno di Dio: essere figlio, quell’essere creato a immagine e somiglianza di Dio.
Nel Bambino di Betlemme noi possiamo scoprire la piccolezza e la tenerezza di Dio. Questa è la “magia” del Natale: una luce che scaturisce da quel Bambino e che risplende nei cuori, che abita la nostra vita: è un brivido divino nella nostra storia. Per questo Natale è festa della vita.
Impariamo quindi ad accogliere in questo Natale il dono immenso della stessa vita di Dio: già la possediamo per mezzo del Battesimo, ma questo è il momento per riscoprirla, testimoniarla e camminare con Lui fino alla fine, perché è in questa accoglienza che si gioca il senso del vivere. Può succedere che faremo fatica nell’essere testimoni dell’Amore. Abbiamo la possibilità di lasciarci guidare dalla stella cometa nella vita di tutti i giorni.
Per tutti noi la Stella cometa è Maria, grembo che ha custodito il mistero divino per nove mesi. Con lei ci facciamo custodi della tenerezza di Dio, diventando preziosi agli occhi di Dio perché in noi e nella nostra vita Dio ha impresso i lineamenti del suo volto di sempre. Allora sarà un Natale senza tempo perché lo celebreremo sempre e con lo sguardo di Dio amore.
Domenica scorsa dicevo: in questo Natale 2025 dove generiamo Gesù? Ci abbiamo pensato? O siamo ancora in quella melassa che questo tempo consumistico ci offre?
Papa Benedetto XVI ci ricordava che "Il Natale è un'opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della nostra esistenza", perché il Signore Gesù, Dio fatto uomo, è oggi tra noi. Si è rivestito della nostra carne, cammina con noi, entra nella storia di ognuno di noi come nostro fratello e compagno di viaggio, offrendosi a noi nella semplicità di un umile bambino, Lui che, come dice l’autore della lettera agli Ebrei, è «irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza, lui che tutto sostiene con la sua parola potente», Lui il Verbo, si è fatto carne senza disdegnare di assumere le nostre stesse sembianze, cioè la nostra stessa fragilità, la nostra stessa debolezza.
Queste caratteristiche ci dicono che per incontrare Dio occorre tanta umiltà, tanta piccolezza che ci permette di riconoscere in quel bambino di Betlemme, Gesù, il Dio che si fa uomo e che usa il linguaggio dell’amore, un linguaggio semplice e immediato, ma tanto denso di significato.
Il giorno di Natale, la Liturgia ci fa ascoltare il Prologo del Vangelo di Giovanni che ci fa vedere il linguaggio di Dio e il linguaggio del mondo, quest’ultimo molto diverso e tanto difforme dalle scelte di Dio, basta pensare alla violenza di qualsiasi grado nella nostra società, alla prepotenza del più forte, all’esclusione che sembra un baratto tra simpatia e antipatia, alla difesa dei diritti individuali e possiamo continuare all’infinito. Mentre in verità esiste il linguaggio del cuore fatto di umiltà perché capace di fare passi indietro, capace di chinarsi sull’altro come Dio si è chinato sul piccolo, sul povero, sul debole, sull’emarginato, sul bisognoso, sull’ultimo.
Natale non è la corsa per fare i doni, ma la corsa per farsi dono in ogni situazione, in ogni circostanza perché il linguaggio dell’amore usato da Dio supera ogni barriera, in modo da far rifiorire sul volto del fallito quella gioia di essere persona, di essere prezioso, di essere desiderato, di essere accolto in quanto amato.
Questo è il Dio che celebriamo il 25 dicembre di ogni anno: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Parole che contengono un'assunzione umana. Mediante un corpo nato da donna, tutta la realtà fragile dell'uomo, quella realtà limitata e vulnerabile, coi suoi limiti, coi suoi dubbi e perché, coi suoi momenti belli e tragici che la vita fa sperimentare ogni giorno. Dio è l'Emmanuele che si immerge nella miseria umana e con essa vive, per riportarla al suo splendore originario. Questo ci dice il Natale per l’ennesima volta: abbiamo ricevuto un dono!
Allora quando pensiamo al Natale, non fermiamoci a ciò che da qualche mese si presenta esteriore: vetrine, luminarie e quant’altro ma entriamo dentro questo mistero come fecero i pastori, come fecero i magi iniziando da noi stessi, ascoltando la sua voce, quella che arriva dalla greppia di Betlemme, o se vogliamo, da quel presepe che abbiamo preparato. Questa è una voce sempre nuova, sempre sorprendente, non da tenere per se ma da condividere in famiglia, con gli amici, in mezzo alla gente. Una voce da condividere non limitandola al 25 dicembre ma sempre, perché ogni giorno è Natale, ogni giorno possiamo e dobbiamo vivere l’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Allora sì che impareremo a vivere in umiltà, a testa bassa perché sappiamo chi abbiamo davanti (cf. 2Tim 1,12), così come si resero conto i pastori e quanti l’hanno incontrato nella loro vita, nella loro storia. Questo è accogliere il Signore Gesù nella propria vita, in modo che sbocci anche in me il sogno di Dio: essere figlio, quell’essere creato a immagine e somiglianza di Dio.
Nel Bambino di Betlemme noi possiamo scoprire la piccolezza e la tenerezza di Dio. Questa è la “magia” del Natale: una luce che scaturisce da quel Bambino e che risplende nei cuori, che abita la nostra vita: è un brivido divino nella nostra storia. Per questo Natale è festa della vita.
Impariamo quindi ad accogliere in questo Natale il dono immenso della stessa vita di Dio: già la possediamo per mezzo del Battesimo, ma questo è il momento per riscoprirla, testimoniarla e camminare con Lui fino alla fine, perché è in questa accoglienza che si gioca il senso del vivere. Può succedere che faremo fatica nell’essere testimoni dell’Amore. Abbiamo la possibilità di lasciarci guidare dalla stella cometa nella vita di tutti i giorni.
Per tutti noi la Stella cometa è Maria, grembo che ha custodito il mistero divino per nove mesi. Con lei ci facciamo custodi della tenerezza di Dio, diventando preziosi agli occhi di Dio perché in noi e nella nostra vita Dio ha impresso i lineamenti del suo volto di sempre. Allora sarà un Natale senza tempo perché lo celebreremo sempre e con lo sguardo di Dio amore.
Santo e sereno Natale a tutti voi!